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Regno Unito sotto attacco dell'industria farmaceutica: “Il peggior Paese d’Europa per i prezzi dei medicinali”

Redazione
 
Regno Unito sotto attacco dell'industria farmaceutica: “Il peggior Paese d’Europa per i prezzi dei medicinali”

Negli ultimi mesi la Gran Bretagna è diventata il bersaglio di critiche sempre più dure da parte delle grandi multinazionali del farmaco. A farsi portavoce del malcontento è stato Dave Ricks, amministratore delegato di Eli Lilly, colosso americano che produce tra l’altro il discusso farmaco dimagrante Mounjaro.

 

Regno Unito sotto attacco dell'industria farmaceutica

 

In un’intervista al Financial Times ripresa dal Guardian, Ricks ha usato parole pesantissime: «Il Regno Unito è probabilmente il peggior Paese d’Europa quando si parla di prezzi dei medicinali». Un’accusa, quella di Ricks, diretta innnanzitutto al sistema britannico di regolazione, che impone un tetto ai costi dei farmaci garantendo al Servizio sanitario nazionale la possibilità di pagare molto meno rispetto ad altri Paesi sviluppati.

 

Una politica che, secondo il numero uno di Lilly, rischia però di trasformarsi in un boomerang: «Se la situazione non cambia, non credo che vedranno molti nuovi farmaci e non credo che vedranno molti investimenti. È una scelta del Regno Unito, ma noi reagiamo a queste scelte», ha avvertito.

 

Le sue parole arrivano in un contesto delicatissimo, con quasi due miliardi di sterline di investimenti farmaceutici abbandonati o congelati dall’inizio dell’anno. Aziende come MSD (Merck negli Stati Uniti) hanno annunciato la chiusura di centri di ricerca miliardari, mentre AstraZeneca ha sospeso piani di espansione per oltre 200 milioni di sterline. Persino Bristol Myers Squibb ha minacciato di non commercializzare oltremanica un nuovo farmaco contro la schizofrenia. Il risultato è una scia di progetti ritirati che, solo nel 2025, ha già superato la soglia di 1,8 miliardi di sterline.

 

 Al centro della contesa c’è il VPAG, il programma volontario che regola prezzi e accesso ai medicinali di marca. Nato per contenere le spese del sistema sanitario, negli ultimi mesi ha visto crescere in modo esponenziale i rimborsi dovuti dalle aziende, quasi un quarto in più rispetto all’anno precedente, perché la spesa pubblica per i nuovi farmaci è lievitata oltre ogni previsione. Ricks non ha nascosto l’irritazione: «Vorremmo liberarci di questo meccanismo di recupero che ci obbliga a pagare per il nostro stesso successo», ha detto.

 

Il malumore non riguarda solo i conti delle aziende, ma anche il modo in cui il mercato britannico viene percepito a livello internazionale. Sempre secondo quanto riportato dal Guardian, Ricks ha osservato che «non è un ambiente attraente» per chi deve decidere dove allocare risorse e aprire laboratori. Un segnale eloquente è arrivato dal comportamento dei consumatori stessi: il mese scorso Lilly ha aumentato fino al 170 per cento il prezzo del Mounjaro per chi lo acquista privatamente, e ha raccontato che «abbiamo visto persone prendere il treno da Parigi per venire a comprare il farmaco nel Regno Unito. Per noi non ha alcun senso». Mentre Londra si interroga su come riformare il sistema di rimborso, negli Stati Uniti la questione esplode in un’altra forma.

Donald Trump ha rilanciato con forza la sua battaglia per ridurre i prezzi dei farmaci negli Stati Uniti, chiedendo che vengano portati ai livelli degli altri Paesi sviluppati. Una proposta che ha fatto sobbalzare le multinazionali, già sotto pressione in Europa. «Sarà il Dipartimento di Giustizia a farci causa? Forse. Sarà la Food and Drug Administration a smettere di approvare i nostri farmaci? Forse», ha detto con una punta di sarcasmo Ricks. La polemica non ha fermato i piani di espansione oltreoceano: proprio questa settimana Lilly ha annunciato un investimento da 6,5 miliardi di dollari in un nuovo stabilimento produttivo a Houston, decisione che l’amministratore delegato ha tenuto a separare dalle scadenze imposte dall’ex presidente americano.

Ma il tema resta centrale e politicamente esplosivo. Trump, intervenendo lunedì, ha citato proprio i farmaci dimagranti come esempio del divario che vuole colmare. «Ho molti amici, sono grassi», ha dichiarato senza giri di parole. «Pagano 1.300, 1.200 dollari a dose, poi vanno a Londra e lo comprano per 88. Stiamo sovvenzionando il resto del mondo». Un’affermazione che riassume la tensione globale sul prezzo dei medicinali: da una parte governi che cercano di contenere i costi, dall’altra multinazionali che rivendicano il diritto di essere remunerate per l’innovazione. Nel mezzo, milioni di pazienti che rischiano di pagare il prezzo più alto, non solo in denaro ma nell’accesso stesso alle cure.

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