Il mercato del lavoro italiano continua a muoversi lungo un doppio binario fatto di numeri in crescita e malessere diffuso. Nel primo trimestre del 2025 gli occupati risultano 840mila in più rispetto al 2019, segno di una dinamica occupazionale che non si è fermata nemmeno dopo gli anni più duri della pandemia.
Occupazione in crescita (+840mila dal 2019), ma resta il malessere
A trainare questa spinta è soprattutto la fascia tra i 45 e i 64 anni, insieme ai senior, con un numero sempre maggiore di pensionati che scelgono di restare attivi. Non mancano però sorprese tra le generazioni più giovani: se la fascia 35-44 anni è in flessione, gli under 35 registrano un andamento positivo, segnando l’emergere del cosiddetto poliworker, il lavoratore che affianca più datori di lavoro o intraprende professioni diverse contemporaneamente.
Secondo il Rapporto Coop 2025, a crescere non è solo il numero degli occupati ma anche la qualità dell’occupazione, con un aumento dei contratti da dipendente e un livello più alto di istruzione tra i lavoratori, sempre più spesso diplomati o laureati. Le assunzioni si concentrano in particolare nei settori delle costruzioni, dei servizi e della ristorazione, comparti che trainano la ripresa e che, negli ultimi anni, hanno dimostrato grande capacità di adattamento. Dietro questi progressi, tuttavia, si nasconde un malessere diffuso.
Ben il 96 per cento dei lavoratori italiani dichiara di voler cambiare almeno un aspetto della propria attività. In cima alla lista delle richieste c’è l’aumento degli stipendi, ma altrettanto forte è la domanda di maggiore flessibilità, di un miglior equilibrio tra vita privata e professionale e di una riduzione dei carichi di lavoro. A pesare sono anche le limitate prospettive di carriera, la precarietà contrattuale e un ambiente di lavoro spesso percepito come poco stimolante. Solo il 23 per cento degli italiani considera oggi il lavoro una fonte di piena realizzazione personale, un dato in calo rispetto al passato e che riflette una crescente disillusione.
A questo si aggiunge il desiderio di cambiamento: il 15 per cento dei lavoratori pensa di cambiare occupazione entro un anno e mezzo, mentre non manca chi immagina di lasciare del tutto il mercato del lavoro. Si tratta del 5 per cento della popolazione attiva, ma la quota sale fino al 15 per cento tra le donne, segno di un disagio che colpisce in maniera più marcata la componente femminile.