La tutela della riservatezza dei bambini comincia sin dai primi mesi di vita, ma non sempre questo principio viene rispettato. È quanto emerge dal recente provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, che ha imposto a un asilo nido di interrompere immediatamente la pubblicazione online delle fotografie dei suoi piccoli ospiti, di età compresa tra i tre mesi e i tre anni, e di cancellare tutte le immagini già diffuse, accompagnando la decisione con una sanzione di 10mila euro.
Privacy: Garante blocca la pubblicazione delle foto dei bambini in un asilo
La vicenda è nata da un reclamo presentato da un genitore, che aveva dovuto prestare il consenso all’utilizzo delle foto della figlia come condizione per l’iscrizione. Oltre a ciò, il genitore aveva segnalato la presenza di un sistema di videosorveglianza attivo anche durante le attività scolastico-educative, sollevando dubbi sulla tutela della privacy e sulla conformità alle normative vigenti. Nel corso dell’istruttoria, l’Autorità ha scoperto che l’asilo aveva pubblicato sui propri canali digitali, compresi il sito web e il profilo Google Maps, numerose immagini dei bambini in diversi momenti della “giornata tipo”.
Alcune di queste foto ritraevano i piccoli mentre dormivano, consumavano i pasti, utilizzavano i servizi igienici o ricevevano massaggi, attività delicate che dovrebbero rimanere riservate. Il Garante ha evidenziato come “queste situazioni siano caratterizzate da una particolare delicatezza o destinate a rimanere riservate”, e ha sottolineato i rischi connessi alla diffusione online, dove le immagini possono essere riutilizzate da malintenzionati per fini illeciti o criminali.
Secondo l’Autorità, “i trattamenti effettuati dall’asilo non avrebbero potuto trovare giuridico fondamento nel consenso dei genitori, prevalendo comunque il superiore interesse dei minori a non vedere pubblicate online fotografie che li ritraggono in momenti particolarmente intimi della loro esperienza scolastico-educativa”. Inoltre, il consenso richiesto non poteva considerarsi libero e consapevole, dal momento che il rifiuto avrebbe comportato l’impossibilità di iscrivere i bambini alla struttura.
Non solo le immagini online, ma anche il sistema di videosorveglianza è stato oggetto di contestazione. L’apparecchiatura raccoglieva immagini dei bambini, del personale educativo, dei genitori, dei fornitori e dei visitatori, senza rispettare le disposizioni dello Statuto dei lavoratori né la normativa sulla privacy, configurando così una violazione diffusa dei diritti fondamentali. Il caso riapre il dibattito sulla protezione dei minori nell’era digitale, sottolineando l’urgenza di sviluppare una cultura della privacy dei minori, che parta dalle famiglie e arrivi fino alle istituzioni scolastiche, per garantire che la tutela della dignità e della sicurezza dei bambini non rimanga solo un principio teorico, ma si traduca in azioni concrete e vincolanti.