Un fenomeno che fino a pochi anni fa appariva fantascientifico, oggi si sta imponendo con crescente normalità: l’intelligenza artificiale sta entrando nelle relazioni sentimentali e sessuali degli adulti, in particolare dei più giovani. A rivelarlo è uno studio intitolato “Connessioni artificiali: coinvolgimento nelle relazioni romantiche con l’intelligenza artificiale negli Stati Uniti”, realizzato da Brian J. Willoughby, Carson R. Dover, Rebekah M. Hakala e Jason S. Carroll e pubblicato sul Journal of Social and Personal Relationships.
Connessioni artificiali: un giovane su quattro preferisce l’intimità con l’IA a quella reale
L’indagine analizza in dettaglio come chatbot, immagini sessuali generate dall’IA e account social che simulano partner romantici stiano progressivamente integrandosi nelle vite degli americani. I dati, oltre a sorprendere per la diffusione del fenomeno, sollevano interrogativi inquietanti sui possibili effetti sul benessere emotivo e sulle dinamiche dei rapporti umani. I ricercatori hanno raccolto le risposte di 2.969 adulti statunitensi, selezionati per rappresentare la distribuzione demografica della popolazione in termini di età, genere ed etnia.
Un sovracampione è stato incluso per cogliere meglio le tendenze dei giovani tra i 18 e i 29 anni, categoria che si è rivelata particolarmente coinvolta in queste pratiche. Ai partecipanti è stato chiesto se avessero mai seguito account generati dall’intelligenza artificiale sui social media, se avessero utilizzato chatbot romantici o se avessero visionato materiale pornografico prodotto dall’IA. Coloro che hanno risposto positivamente hanno fornito dettagli sulla frequenza e sulle modalità d’uso.
I risultati sono impressionanti: poco più della metà degli adulti ha dichiarato di aver incontrato account social creati dall’IA, il 13% ha cercato intenzionalmente questi contenuti e quasi il 15% segue regolarmente account con immagini di uomini o donne idealizzati generati dall’intelligenza artificiale. Ancora più significativa la diffusione dei chatbot romantici: il 19% del campione complessivo ha interagito con essi, con oltre un giovane adulto su quattro tra i 18 e i 29 anni che ammette di averli utilizzati.
Circa il 7% ha dichiarato di aver provato eccitazione sessuale durante le chat e il 13% ha visionato materiale pornografico generato dall’IA. “Studio i modelli di incontri e relazioni tra giovani adulti e da un decennio mi occupo dell’uso della pornografia come parte della ricerca. Volevo osservare quanto l’intelligenza artificiale stesse entrando nelle vite relazionali moderne e quanto queste pratiche fossero diffuse”, spiega Brian Willoughby, autore principale dello studio e professore alla Brigham Young University. “La cosa che mi ha sorpreso di più è stata la diffusione dell’uso dell’IA come compagno tra i giovani adulti. Pensavo che avremmo trovato un piccolo gruppo sperimentale, invece si tratta di una minoranza significativa”.
I dati mostrano anche differenze marcate per età e genere. Gli uomini hanno maggiori probabilità rispetto alle donne di utilizzare pornografia generata dall’IA e interagire con contenuti sessuali virtuali, mentre i giovani adulti sono più inclini a sostituire, in alcuni casi, la relazione reale con quella digitale. Tra coloro che hanno chattato con partner basati sull’IA, uno su cinque afferma di preferire la comunicazione con il sistema piuttosto che con una persona reale. Oltre il 40% sostiene che l’IA sia più attenta e capace di ascoltarli rispetto a un partner umano, e il 31% ritiene che li comprenda meglio delle persone.
L’impatto sul benessere mentale non è trascurabile. Lo studio evidenzia infatti una correlazione tra uso di chatbot e contenuti sessuali generati dall’IA e livelli leggermente più elevati di depressione, insieme a una minore soddisfazione di vita. “Sebbene gli effetti siano limitati, sono statisticamente significativi. Non abbiamo trovato prove che l’uso dell’IA aiuti le persone a sentirsi meno sole o isolate”, precisa Willoughby. Una nota particolarmente preoccupante riguarda le relazioni stabili: chi ha un partner reale risulta più incline a integrare l’IA nella propria vita sentimentale, forse per cercare conferme esterne o ampliare l’esperienza relazionale.
Il tempo medio dedicato a queste attività settimanali conferma la portata del fenomeno: chi interagisce con chatbot romantici spende circa 50 minuti a settimana in chat, mentre chi osserva immagini generate dall’IA trascorre circa 30 minuti. La crescente normalizzazione di queste pratiche suggerisce un cambiamento profondo nel modo in cui le nuove generazioni concepiscono intimità e vicinanza. “Abbiamo già completato uno studio di follow-up con domande più dettagliate sui compagni di IA”, aggiunge Willoughby, indicando che il fenomeno è in rapida evoluzione e merita ulteriori approfondimenti. Lo studio sottolinea anche i limiti della ricerca: i dati sono trasversali, quindi non si può stabilire se l’uso dell’IA causi difficoltà emotive o se chi soffre di depressione sia più propenso a cercare l’IA.
La ricerca si basa inoltre su comportamenti auto-riportati, esposti a sottostima o fraintendimenti, e non distingue tra diverse piattaforme o programmi di IA. Resta comunque evidente che la tecnologia sta già modificando la mappa dei rapporti umani. La crescente preferenza per interazioni mediate da sistemi artificiali, soprattutto tra i più giovani, lascia intravedere una deriva inquietante: la sostituzione graduale dell’intimità reale con quella simulata rischia di ridisegnare il modo in cui le persone si relazionano, cercano conferme affettive e costruiscono la propria vita emotiva. Non si tratta più di un esperimento isolato, ma di un fenomeno sociale che potrebbe ridefinire la dimensione stessa dell’affetto umano, trasformando legami concreti in relazioni fragile e virtuali, e lasciando emergere un senso di solitudine diffusa in un mondo sempre più connesso ma paradossalmente emotivamente distante.