Politica

Pontida, la Lega alza i toni: Salvini è "ecumenico", Vannacci incendia i padani al grido di 'fuori lo straniero'

Diego Minuti
 
Pontida, la Lega alza i toni: Salvini è 'ecumenico', Vannacci incendia i padani al grido di 'fuori lo straniero'

Se c'è una cosa che le cronache politiche del Paese dovranno tenere bene a mente è l'edizione di quest'anno del raduno di Pontida, che ha visto il partito ormai consegnarsi completamente non alla Destra - quella storica e che Silvio Berlusconi ha ricondotto nell'alveo del dialogo democratico -, ma alla frangia più estrema, che ha bisogno di un nemico per fare sentire la sua voce al di fuori del recinto della politica parlata.

Pontida, la Lega alza i toni con Salvini e Vannacci

Non avendo remore nel trovarlo in quello di turno, magari gli immigrati, ormai argomento calendarizzato per ogni evento in cui il partito si mostra pubblicamente. Le cose dette e sentite ieri, sul pratone di Pontida (che un tempo celebrava l'orgoglio dell'essere padani, quale che sia il significato reale di questa parola, che non ha alcun aggancio con la storia e con il patrimonio etnico), hanno mostrato, senza alcun margine d'errore, che la Lega ha ufficializzato l'abbandono dell'afflato della ''sinistra'' bossiana per indossare i panni del radicalismo di destra, che, al di là di quello che lui dice di non essere, ha in Roberto Vannacci il suo esegeta, il gran sacerdote dell'estremismo che può anche non essere verbale, ma che è di contenuti perché fa strame di decenni di politiche di tolleranza e inclusione.

Quando dice che ormai il Paese è stufo di una società meticcia afferma il suo punto di vista, ma cerca di imporre una rotta alla Lega che verrà, chiedendole una deriva che non è a difesa di quel che resta dello spirito nazionale, ma che attacca il concetto stesso di società globale, dimenticando che la stessa Italia è frutto di migrazioni, sia di quelli che nei secoli sono arrivati, ma anche degli altri che, a milioni, l'hanno lasciata per trovare fortuna altrove.

Parlare di no ad una società meticcia è, di fatto, un invito ad espellere dal corpo del Paese chi non ha un profilo etnico, culturale e religioso diverso da quello che per lui è la summa dei tratti dell'essere italiano: caucasico e cattolico (sulla cultura forse è meglio sorvolare, perché non ne esiste una padana, perché nascere nelle regioni del nord non autorizza ad arruolare d'ufficio scrittori e pensatori in base al certificato di residenza).

Lo straniero, ha detto Vannacci raccogliendo applausi a scena aperta, ''ci ha già invaso, è quello dei porti aperti e che purtroppo molto frequentemente stupra, ruba e rapina e che vuole imporre la sua cultura alla nostra millenaria'', facendo l'occhiolino a quei movimenti che, in Europa, stanno attecchendo e che basano gran parte dello loro filosofia sulla cacciata degli immigrati. Non di quelli brutti, sporchi e cattivi, ma di tutti perché inquinano il sano sangue europeo.

Non sono esagerazioni: basta leggere quel che sostengono la tedesca AfD o gli hooligans britannici, che hanno avuto la benedizione (e forse anche altro di materiale) da Elon Musk, ormai paladino di tutto cioè che rappresenta un mondo fatto di bianchi e puri, forse eredità dei suoi natali sudafricani.

Né la portata delle affermazioni di Vannacci è granché addolcita quell'avverbio - ''frequentemente'' - che dovrebbe fare un distinguo: non tutti, ma la maggioranza, con sollievo di milioni di immigrati onesti (sì, ce ne sono....) che non delinquono, che non trascorrono le loro serate a dare la caccia e donne bianche da stuprare, che non occupano le vie spacciando.

La cosa che dovrebbe meravigliare è che lo stesso Matteo Salvini sembra avere fatto sue le idee da predicatore di Vannacci, quasi fosse Pietro l'eremita che infuocava gli armati che andavano a portare la guerra in Terrasanta.

Ma forse Salvini sta sottovalutando che giocare con le ambizioni di Vannacci è come consegnarsi a lui, perché l'abbraccio con il generale - che è molto più intelligente di quello che viene disegnato da chi lo denigra - potrebbe dimostrarsi come quello del boa, che, lentamente, ti stritola, togliendoti il respiro e magari guardandoti negli occhi.

Il popolo della Padania che ieri s'è ritrovato a Pontida non è però quello della Lega, intesa come partito e, per essere ancora più chiari, quella delle origini, che aveva in Umberto Bossi un leader che, nonostante la sortite che venivano prese come folklore, aveva dato al movimento una chiara impronta, che non è certo quella che oggi stravede per un militare che sogna che i giovani italiani imparino a scuola, e con loro gli insegnanti, il giuramento di Pontida, quello del 1167, e sappiano chi erano gli eroi della X Mas.

Su questo punto, Vannacci continua a giocare di sponda tra realtà e opportunismo, perché gli eroi della X Mas furono quelli che diventarono il terrore della flotta britannica, mentre, dopo l'8 settembre, la Decima, con Junio Valerio Borghese, divenne uno strumento di morte asservito al fascismo, macchiandosi inenarrabili atti di violenza durante la breve stagione della repubblica di Salò. Dice una cosa storica, ma giocando sull'equivoco e magari sperando di raccogliere il consenso tra chi, alla X Mas di Borghese, guarda ancora con nostalgia. Eppure l'applausometro della manifestazione ha toccato, per Vannacci, picchi altissimi, soprattutto tra i più giovani, quelli che guardano all'attuale nomenklatura del movimento come vecchi arnesi, da rottamare.

Chi s'aspettava da Salvini un discorso di spessore politico, per riaffermare, urbi et orbi, la sua leadership è forse rimasto deluso, visto che il segretario leghista ha nuovamente tirato fuori i soliti argomenti che usa in questi ultimi periodi: dal no alla guerra ( "Non siamo in guerra contro nessuno. Un chiaro no a un esercito europeo e al debito europeo'', non menzionando chi, nel conflitto tra Mosca e Kiev, sia l'aggressore e chi l'aggredito), al tana libera tutti per chi ha conti in sospeso col fisco, alle banche da torchiare, all'estensione del regime della flat tax a tutti i lavoratori (chissà cosa pensa Giorgetti). Ha anche ingaggiato, nella sua personalissima guerra contro lo spettro della giubilazione, Charlie Kirk, l'attivista conservatore di cui ieri si è celebrato il funerale, in un clima di parossismo che sembrava solo preludere alla sua resurrezione.

Poi, per non farsi mancare nulla, Salvini, per difendere la separazione delle carriere, ha arruolato, loro malgrado, alcuni martiri della magistratura, con una motivazione che forse per qualcuno è leggermente fuori fuoco, ha detto che ''ognuna delle sedi della Lega si trasformerà in comitati per il sì al referendum per ridare onore a quei magistrati che hanno dato la vita, Livatino, Falcone e Borsellino''. Ma, ci chiediamo, Salvini pensa veramente che Livatino, Falcone e Borsellino abbiano perso per strada, evidentemente per colpa di qualcuno, l'onore (cosa che a noi non sembra, ma ciascuno la pensa come vuole) e che la separazione della carriere possa curare questa ferita?

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