Si allarga il fronte del buonsenso nei confronti della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Un fronte che, oltra ad allargarsi, sembra anche essere compatto nel contestare il progetto di attraversamento stabile dello Stretto, sul quale il governo fa quadrato. Anche cercando di coinvolgere l'Unione europea, definendo l'opera fondamentale per lo spostamento delle truppe della Nato. Una asserzione che ha fatto sorridere più d'uno, tenendo conto che, in caso di guerra, il ponte sarebbe un obiettivo sensibile, nel mirino di qualsiasi nemico con un minimo di cervello.
Ponte sullo Stretto, il no corale degli ambientalisti: opera inutile e dai costi enormi
Comunque il ''no'' al ponte è stato ribadito oggi a Villa San Giovanni, da parte di Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF Italia, insieme al Movimento No Ponte Calabria, in un convegno dal titolo che poco lascia alle interpretazioni: ''Una questione di buon senso: il Ponte sullo Stretto di Messina tra un interesse nazionale presunto, impatti ambientali certi e conti che non tornano''.
Il convegno è stato presentato come ''un momento di confronto pubblico per presentare l’articolata azione a difesa del territorio portata avanti da associazioni ambientaliste e comitati locali e per riaffermare la verità su un’opera dai costi esorbitanti e ad altissimo impatto ambientale che stravolgerebbe per anni e anni la vita di coloro che abitano le due coste dello Stretto, distruggerebbe habitat prioritari protetti dall’Italia e dall’Unione europea, dilapiderebbe miliardi di euro che potrebbero essere destinati a migliorare il servizio pubblico dei trasporti non solo in Sicilia e in Calabria, ma in tutto il Paese''.
Nella presentazione dell'evento si legge, inoltre, che la giustificazione del Ponte per fini militari ''dimostra - se mai ce ne fosse bisogno - come quest’opera non abbia alcuna seria motivazione se il Governo si è dovuto inventare esigenze militari che non sono mai state ipotizzate finora e che, oltretutto, rendono questa parte d’Italia un vero e proprio bersaglio nella malaugurata ipotesi di un conflitto''.
Ma, al di là con contenuto e delle finalità del convegno, appare evidente come quest'opera - dalla genesi, dalle motivazioni, dall'iter amministrativo, dalle procedure di appalto, dalla ancora approssimativa definizione delle misure che si dovranno adottare per allontanarla dallo spettro della corruzione e dell'ingerenza della criminalità organizzata - sia fortemente osteggiata proprio dalle popolazioni interessate e che hanno ripetutamente ribadito la loro opposizione. Non solo per motivi ambientali (con l'ecosistema a rischio) o legati alla particolare situazione morfologica delle due coste, che insistono in un'area ad altissimo rischio sismico , ma pure per quelli legati allo stravolgimento del tessuto economico, sociale ed anche culturale.
La situazione è ancora, diciamo così, molto fluida, anche perché poco sembra avere inciso sul sentimento popolare la pressante e martellante opera per farla accettare dall'opinione pubblica di Sicilia e Calabria, che la vedono come un elemento estraneo, quasi un trapianto innaturale in un'area geografica che ha da sempre considerato quel tratto di mare come parte integrante della sua storia e, si spera, anche del suo futuro.