Anno cruciale per il Pnrr, ma i restanti nove mesi e mezzo del 2025 potrebbero portare a galla ritardi e problemi strutturali. A rischio gli oltre 25 miliardi di euro previsti per quest’anno dal Piano nazionale di ripresa e resilienza oltre ai quasi 29 miliardi programmati dall'Italia con l’Unione europea per il 2026.
PNRR: ritardi e problemi strutturali, in bilico ultimi 55 miliardi
In bilico, complessivamente, 55 miliardi per il nostro Paese. Sono sette le complessità e le criticità che mettono a rischio il conseguimento degli obiettivi stabiliti dal programma di finanziamento europeo: tempi lunghi nei pagamenti della pubblica amministrazione; complessità normativa e regolamentare, a causa dei ritardi dei decreti attuativi; rallentamenti nelle infrastrutture per la mobilità sostenibile; difficoltà nel settore energia e transizione ecologica; problemi nel settore sanitario; difficoltà nella gestione dei fondi; monitoraggio e rendicontazione, a causa di alcuni disallineamenti nelle informazioni.
È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale la capacità di risolvere queste criticità determinerà il successo dell’intero piano: se questi aspetti non verranno affrontati con decisione e tempestività, il rischio è quello di un fallimento parziale del Pnrr, con gravi conseguenze sulla crescita economica e la credibilità dell'Italia a livello europeo.
«L'Italia si trova oggi davanti a una prova di maturità istituzionale e politica che non può permettersi di fallire. Le criticità evidenziate dal nostro studio devono essere considerate un allarme urgente, uno stimolo decisivo per spingere governo e regioni ad agire con la massima tempestività e determinazione, mettendo da parte divisioni, interessi particolari e logiche di breve periodo. È il momento di dimostrare capacità decisionale, trasparenza amministrativa e una forte responsabilità verso i cittadini e le imprese che attendono risposte concrete e interventi efficaci. La posta in gioco, lo ribadiamo con chiarezza, non riguarda solo il piano economico, ma tocca in profondità anche la credibilità internazionale del nostro Paese. L'Europa osserva con attenzione, pronta a valutare la nostra affidabilità sulla base delle azioni concrete che riusciremo a mettere in campo. Non possiamo permetterci ulteriori ritardi, esitazioni o leggerezze che minerebbero irreparabilmente il senso stesso di un'opportunità storica per l'Italia. È dunque essenziale agire con responsabilità istituzionale, senso dello Stato e una consapevolezza piena e diffusa che perdere questa occasione significherebbe ipotecare il futuro economico e sociale delle prossime generazioni» commenta Giovanna Ferrara, presidente di Unimpresa (in foto).
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, infatti, secondo il Centro Studi Unimpresa, si trova ad affrontare un periodo decisivo: il 2025 rappresenta infatti uno snodo strategico per il conseguimento degli obiettivi e il completamento degli interventi chiave. Tuttavia, diverse criticità potrebbero ostacolare il pieno raggiungimento dei traguardi fissati, con rischi concreti per l'erogazione delle due rate previste per l'anno, pari a 25,6 miliardi di euro complessivi. L'Italia si gioca non solo il raggiungimento degli obiettivi prefissati, ma anche la possibilità di ottenere l'ultima tranche di 28,4 miliardi di euro prevista per giugno 2026. In totale, ci sono da incassare 55 miliardi.
Nel dettaglio, il Pnrr prevede nel 2025 una spesa di 25,6 miliardi di euro, suddivisa in due tranche da 12,8 miliardi ciascuna: la prima in scadenza a giugno 2025 e la seconda a dicembre 2025. L'erogazione di questi fondi è vincolata al raggiungimento di obiettivi specifici in settori chiave come digitalizzazione, energia, infrastrutture, sanità e istruzione.
Ecco i sette snodi critici, a partire dai ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. Una delle principali criticità riguarda la riforma sulla riduzione dei tempi di pagamento della Pubblica amministrazione. Il Pnrr prevede che entro il 2025, le amministrazioni pubbliche centrali, regionali e locali paghino entro 30 giorni e che le autorità sanitarie regionali saldino le fatture entro 60 giorni. Tuttavia, le difficoltà operative e la mancanza di personale dedicato rischiano di compromettere il rispetto delle tempistiche. In particolare, la carenza di personale negli uffici amministrativi delle Pa e negli enti locali sta rallentando l'adozione di sistemi automatizzati di pagamento e di controllo. Senza un rafforzamento delle strutture operative, il rischio di inadempienza resta elevato.
Il secondo aspetto critico riguarda la complessità normativa e regolamentare. Un ulteriore ostacolo riguarda la semplificazione normativa necessaria per accelerare la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Entro il 2025 è prevista l’adozione di un unico atto di diritto primario per semplificare le procedure autorizzative. Tuttavia, il rischio di ritardi nella pubblicazione del decreto attuativo e di conflitti normativi tra legislazione nazionale e normativa regionale è concreto.
La terza criticità riguarda i rallentamenti nelle infrastrutture per la mobilità sostenibile. In particolare, il completamento di 700 km di tratte ferroviarie e la realizzazione di nuove linee metropolitane. La capacità di rispettare le scadenze dipenderà dalla velocità di esecuzione degli appalti e dalla risoluzione di eventuali contenziosi.
Seguono le difficoltà nel settore energia e transizione ecologica, il settore sanitario, la gestione dei fondi e infine il monitoraggio e la rendicontazione, con il rischio di un blocco nei flussi finanziari da Bruxelles. La Commissione Europea ha chiesto un aggiornamento trimestrale dettagliato tramite la piattaforma ReGiS, ma permangono disallineamenti tra i dati raccolti dalle Regioni e quelli comunicati al governo centrale, tempi lunghi per la verifica degli stati di avanzamento dei lavori e difficoltà nell'adeguamento dei sistemi informatici.