Oltre la metà dei giovani italiani tra i 10 e i 25 anni, il 56% per la precisione, fruisce di contenuti audiovisivi tramite canali illeciti. È quanto emerge dall’indagine promossa da Fapav e realizzata da Ipsos Doxa, presentata ieri a Roma nella sede dell’associazione Civita. Secondo lo studio, riferisce l’Ansa, la pirateria digitale tra i ragazzi non nasce solo dall’assenza di alternative legali o dal desiderio di risparmiare: “Il 56% dei ragazzi italiani compie atti di pirateria perché non ha ancora maturato la percezione che tali comportamenti, essendo veri e propri reati, possano generare conseguenze e rischi reali a carattere individuale”.
Pirateria audiovisiva: il 56% dei giovani tra 10 e 25 anni usa piattaforme illegali, solo il 33-38% informato sui pericoli
L’analisi evidenzia inoltre differenze significative legate all’età: i giovani tra i 15 e i 25 anni tendono a giustificare le proprie azioni con un intento quasi “rivoluzionario”, volto a cambiare un sistema percepito come lontano dalla loro visione, mentre i giovanissimi, tra i 10 e i 14 anni, si limitano spesso a emulare i coetanei, senza convinzioni profonde sul fenomeno. La percezione dei rischi varia con l’età e il tipo di minaccia. Virus e malware sono considerati probabili dal 40% dei 10-14enni e dal 44% dei 15-25enni.
Al contrario, truffe e furti di dati spaventano maggiormente i più piccoli (35%) rispetto ai più grandi (28-29%). Nonostante sei pirati su dieci tra i 15 e i 25 anni (62%) abbiano dichiarato di aver subito attacchi informatici durante l’accesso a contenuti illeciti, questa esperienza non sembra averli resi più prudenti. Anzi, molti hanno sviluppato strategie di mitigazione, come l’uso di device dedicati, che riducono la percezione del rischio.
La diffusione percepita del fenomeno e l’assenza di vittime visibili alimentano inoltre una certa indifferenza verso i danni economici e sociali provocati dalla pirateria. La conoscenza dei rischi appare limitata anche tra chi ha avuto contatti con il tema in ambito scolastico o familiare: solo il 33% dei 10-14enni e il 38% dei 15-25enni dichiara di aver ricevuto informazioni specifiche. Tuttavia, il rapporto evidenzia un paradosso interessante: i pirati si considerano più informati sui rischi rispetto ai non pirati. Per modificare comportamenti così radicati, sottolinea l’indagine, “non basta veicolare informazioni generali sui rischi ed effetti della pirateria, occorre promuovere una narrazione collettiva-massmediatica attorno agli atti di pirateria. Scuola e famiglia sono cruciali nel creare la giusta cornice culturale”. Sul piano normativo, l’Italia si colloca tra i Paesi più avanzati in Europa.
Federico Bagnoli Rossi, presidente di Fapav, ha ricordato che la nuova normativa nazionale, insieme all’innovativa procedura di Agcom che consente il blocco dei contenuti illeciti in 30 minuti, rappresenta “una frontiera nuova ed efficace in termini di contrasto”. Tuttavia, ha aggiunto, “non è sufficiente. Serve maggiore comunicazione e occorre promuovere campagne di sensibilizzazione e di educazione alla legalità”.
Anche Larissa Knapp, vicepresidente esecutiva e responsabile della protezione dei contenuti della Motion Picture Association, ha sottolineato l’importanza delle attività educational: “Sono lo strumento più potente a lungo termine per plasmare abitudini digitali responsabili e rafforzare il rispetto per la creatività. L’Italia è un leader globale in questo ambito, dal quadro pionieristico di blocco dei siti dell’Agcom all’eccezionale lavoro della Polizia Postale e della Guardia di Finanza nello smantellamento di sofisticate reti di pirateria”.
Infine, Alessandro Usai, presidente di Anica, ha evidenziato la complessità della tutela dei contenuti audiovisivi: “Nell’ambito culturale, il prodotto audiovisivo è il più costoso. Il ritorno su ciascun investimento avviene nel corso di mesi, e la protezione del contenuto deve avvenire in un periodo lungo. L’educazione e la scuola sono fondamentali, ma è altrettanto cruciale impedire che l’atto illecito sia possibile”.