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Economia

Fed: è una questione di equilibrio

Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel

Nel corso della riunione di ieri, la Federal Reserve ha deciso all’unanimità di lasciare i tassi d’interesse invariati, fermi in una forchetta fra il 5,25% e il 5,50%. All’interno della dichiarazione programmatica, i policymaker si sono nuovamente impegnati a prestare attenzione ad entrambi gli aspetti del duplice mandato della Fed, non solo all’inflazione, che ha effettivamente mostrato qualche segnale di miglioramento, ma anche al tasso di disoccupazione, che “è salito benchè resti sotto controllo”. Nel corso della conferenza stampa post-riunione, il presidente Powell ha mantenuto la calma di fronte alle domande di chi gli chiedeva se la Fed non sia già in ritardo rispetto alla curva. Powell ha dichiarato che un taglio dei tassi prematuro “comprometterebbe i progressi sul fronte dell’inflazione”, ma anche che un’attesa troppo lunga “metterebbe a rischio l’economia”. Trovare il punto di equilibrio non è semplice e quella di luglio è stata una decisione presa in condizioni di incertezza.

Sul fronte del mercato del lavoro, Powell si è detto consapevole della cd Sahm Rule, secondo cui si entra in recessione quando la media mobile a tre mesi del tasso di disoccupazione nazionale aumenta di almeno 0,50 punti percentuali rispetto al minimo delle medie a tre mesi dei 12 mesi precedenti, ma l’ha definita una “regolarità statistica”, non una legge dell’economia. A suo dire, il mercato del lavoro non si trova in una fase di deterioramento, oggi sarebbe “più equilibrato” e “forte, ma non surriscaldato”: anche il quadro dei dati aneddotici non sarebbe davvero negativo, evidenzierebbe punti più deboli, ma la crescita sarebbe più forte rispetto ad altre regioni”.

Sul meeting di settembre e il tanto atteso taglio dei tassi, Powell ha respinto l’ipotesi di un primo taglio di 50 punti base e ha commentato che la decisione sulle tempistiche non è ancora stata presa, in questo senso i dati saranno decisivi. Le parole di Powell non si sono spinte oltre settembre, dal momento che è impossibile conoscere in anticipo il percorso del tasso dei Fed Funds. La conferenza stampa post-riunione ha messo in luce il sentiment dell’opinione pubblica, che ritiene sia in atto un rovesciamento del mercato del lavoro e che la Fed dovrebbe rompere gli indugi e cominciare a ridurre i tassi d’interesse. Una situazione a cui abbiamo già assistito lo scorso dicembre, quando, dopo una serie di letture deboli dell’inflazione, la stampa cominciò a premere per un taglio dei tassi, salvo poi ricredersi di fronte a una nuova impennata inflattiva.

In conclusione, riteniamo che un taglio dei tassi in settembre sia una possibilità, ma siamo meno fiduciosi del mercato, che prezza un taglio di 25 punti base al 106%. Riteniamo che il tasso di disoccupazione chiuderà l’anno al 4%, o meno, e aspettiamo il dato di domani. Oggi il mercato prezza già circa 3,5 tagli dei tassi entro gennaio 2025 e sette tagli entro dicembre 2025, quindi il consenso è orientato verso un mercato del lavoro più critico di quanto attualmente prevediamo.

Come dichiarato da Powell, è una questione di equilibrio: mentre la Fed sta ancora soppesando i due rischi, il mercato sembra già convinto che l’ago della bilancia indichi una direzione chiara.

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