Paul Gauguin, una delle figure più enigmatiche e discusse dell’arte moderna, è stato a lungo bollato come un colonialista senza scrupoli, accusato di avere diffuso malattie sessualmente trasmissibili tra le giovani indigene delle isole del Pacifico.
Paul Gauguin: tra genio e controversia, la riscoperta di un artista incompreso
Tuttavia, un nuovo libro di Sue Prideaux, Wild Thing, getta una luce del tutto inedita sulla sua vita, sfidando la narrativa consolidata e rivelando un lato più complesso e sfaccettato dell'artista. La biografia di Prideaux inizia con una scoperta straordinaria: nel 2000, quattro denti di Gauguin furono ritrovati in un barattolo di vetro sepolto nei pressi della sua ultima dimora nelle isole Marchesi.
Gli esami condotti dal Progetto Genoma Umano confermarono che appartenevano all’artista e, contro ogni aspettativa, non rilevarono alcuna traccia di arsenico o mercurio, trattamenti tipici per la sifilide all’epoca.
"Questa scoperta - osserva Prideaux dalle colonne del Guardian - mette in discussione il mito secondo cui Gauguin fosse il 'cattivo ragazzo' che diffuse la sifilide nei Mari del Sud''.
Ma le rivelazioni non si fermano qui. Nel 2020, emerse un manoscritto di 213 pagine, Avant et après, scritto a mano da Gauguin negli ultimi due anni della sua vita. Questo documento offre un ritratto più intimo e sorprendente del pittore, rivelandone l’impegno nella difesa dei diritti dei polinesiani contro le autorità coloniali francesi.
Gauguin non fu sempre destinato all’arte. Cresciuto in un ambiente borghese, trascorse i primi anni in Perù, vivendo un’infanzia libera e selvaggia. La sua famiglia aveva una storia di donne forti e combattive: sua nonna, Flora Tristan, fu una pioniera del suffragio femminile, ammirata persino da Karl Marx. Sua madre, Aline, vedova coraggiosa, gli trasmise un senso di ribellione e indipendenza.
Dopo un’iniziale carriera come agente di cambio, Gauguin scoprì la pittura quasi per caso, iniziando a disegnare dopo il matrimonio con la giovane danese Mette. Il suo talento lo portò presto nei circoli artistici parigini, ma la sua instabilità economica e il desiderio di evasione lo spinsero prima in Bretagna e poi, in cerca di un paradiso incontaminato, verso la Polinesia.
Il 1888 segnò una delle tappe più controverse della vita di Gauguin: il soggiorno con Vincent van Gogh ad Arles. I due artisti, legati da un’amicizia intensa e tempestosa, condividevano una visione rivoluzionaria della pittura, ma anche un’instabilità emotiva crescente. Prideaux descrive il loro primo incontro con vivida intensità: "Stanco per il viaggio in treno, ubriaco di punch per il sovraccarico di colori... Gauguin se la cavò male''.
Dopo nove settimane di creatività febbrile e tensioni crescenti, il loro rapporto esplose. Una sera, dopo un violento litigio, Van Gogh si mutilò l’orecchio con un rasoio. Gauguin lasciò Arles subito dopo, portando con sé un senso di colpa e confusione che lo avrebbe tormentato negli anni successivi. Forse per questo, anni dopo, in Polinesia, piantò semi di girasole nel suo giardino, un omaggio silenzioso all’amico scomparso.
Ma è il periodo tahitiano di Gauguin quello più dibattuto della sua vita.
Da un lato, il suo stile pittorico si evolve in modo rivoluzionario, abbracciando una sintesi culturale senza precedenti. Dall’altro, il suo rapporto con giovani polinesiane solleva questioni etiche ancora oggi controverse.
Prideaux affronta il tema con lucidità storica, evidenziando che l’età del consenso nelle colonie francesi era di 13 anni, in linea con gli standard dell’epoca. "Nel contesto del tempo - osserva - le amanti di Gauguin erano senza eccezione 'maggiorenni' ''.
La sua più nota compagna, Tehamana, fu a lungo ritenuta tredicenne, ma un certificato di nascita recentemente scoperto indica che aveva in realtà 15 anni. Prideaux sottolinea anche che non vi fu coercizione: "Le ragazze erano libere di andarsene quando volevano, senza alcun vantaggio economico nel restare''.
Questa prospettiva, seppur storicamente accurata, non cancella il disagio etico che molti provano di fronte alla condotta del pittore. Tuttavia, permette di comprendere il contesto culturale in cui Gauguin visse e operò.
Oltre alla pittura, si dedicò con passione al giornalismo politico, opponendosi alla corruzione del governo coloniale francese. Fondò un proprio giornale a Tahiti e scrisse articoli di denuncia sulle ingiustizie subite dalla popolazione locale.
Le sue proteste gli costarono care: perseguitato dalle autorità, si rifugiò sull’isola di Hiva Oa, dove trascorse gli ultimi anni in povertà e malattia. La sua ultima opera, Avant et après, è una riflessione amara sulla vita, l’arte e la politica coloniale. In esso, Gauguin afferma: "Virtù, bene, male non sono altro che parole, a meno che non le si scomponga per costruire qualcosa con esse''.
Parole che sembrano riassumere il paradosso della sua esistenza: un uomo che sfidò le convenzioni, ma che rimane prigioniero delle sue stesse contraddizioni. Oggi, l’opera di Gauguin continua a dividere.
Alcuni lo vedono come un genio che ha rivoluzionato l’arte occidentale, altri come un simbolo del colonialismo europeo. Prideaux, con il suo libro, invita a una lettura più sfumata: "La cancel culture ha tentato di bruciare i suoi quadri, ma la verità storica è più complessa''.
Alla luce delle nuove scoperte, Gauguin appare come un uomo profondamente tormentato, in lotta tra la sua sensibilità artistica e i suoi impulsi autodistruttivi. Il suo contributo alla storia dell’arte rimane indiscusso, ma la sua figura, come quella di molti grandi artisti, continuerà a essere oggetto di dibattito per le generazioni a venire.