Nella Parigi del dopoguerra, crocevia cosmopolita di idee e creatività, numerosi artisti e intellettuali di colore trovarono rifugio da una realtà segnata da colonizzazione, razzismo e segregazione. La città, con la sua atmosfera di libertà e fermento culturale, divenne un luogo d'elezione per chi cercava un terreno fertile in cui esprimere la propria arte, il proprio pensiero, la propria visione del mondo.
Ora, il Centre Pompidou rende omaggio a questa straordinaria stagione con "Paris Noir", una mostra di portata epocale che segna l'ultimo grande evento del museo prima della sua chiusura per un ambizioso restauro quinquennale.
Artisti di colore nella Parigi del dopoguerra: ultima grande mostra al Pompidou prima dei 5 anni di chiusura
Con 350 opere di 150 artisti di origine africana, l'esposizione restituisce visibilità a figure rimaste ai margini della narrazione ufficiale, offrendo per la prima volta in Francia il riconoscimento dovuto a un contributo essenziale alla scena artistica della capitale. Un progetto di rara ambizione, definito dal museo stesso come "insolito", che celebra la forza creativa di artisti che, pur ignorati dalle istituzioni del loro tempo, fecero di Parigi un elemento imprescindibile del proprio percorso esistenziale e professionale.
Alicia Knock, curatrice principale della mostra, sottolinea la portata della riscoperta: "È una storia mai raccontata, e che deve esserlo. Qui possiamo finalmente cogliere la straordinaria ricchezza di questi artisti, molti dei quali non erano solo pittori o scultori, ma anche filosofi e poeti. Molte delle opere esposte non erano mai state viste prima in Francia".
Il legame tra Parigi e gli artisti afroamericani era già saldo prima della Seconda guerra mondiale. Loïs Mailou Jones (in foto), nata a Boston, giunse nella capitale francese nel 1937 con una borsa di studio e rimase colpita dalla reazione entusiasta del pubblico davanti ai suoi dipinti esposti all'aperto.
"I francesi erano così stimolanti. La gente si fermava, mi osservava e diceva: 'Mademoiselle, siete così talentuosa. Siete meravigliosa'. In altre parole, il colore della mia pelle non aveva importanza a Parigi", ricordava l'artista, scomparsa nel 1998. Le sue opere, oggi in mostra al Pompidou, testimoniano la profondità della sua esperienza parigina, che la spinse a fondare negli Stati Uniti il Little Paris Studio Group, un salone dedicato alla formazione e all'esposizione degli artisti afroamericani.
Nel percorso espositivo emergono figure di straordinario rilievo, come Chéri Samba, icona dell'arte africana contemporanea originaria della Repubblica Democratica del Congo, Sam Middleton, Beauford Delaney, amico intimo di James Baldwin, il cubano Wifredo Lam e l'artista e scrittrice tanzaniana Everlyn Nicodemus. Delaney, scomparso nel 1979, trovò in Parigi il contesto ideale per la sua ricerca artistica. Baldwin lo descrisse come "la prima prova vivente, per me, che un uomo di colore poteva essere un artista", eppure la sua eredità è stata a lungo trascurata.
Knock ha dedicato oltre un decennio a colmare questa "grande lacuna" nelle collezioni del Pompidou. Molte opere sono firmate da artisti poco conosciuti al grande pubblico, ma almeno cinquanta fra quelle in mostra sono state recentemente acquisite dal museo.
La speranza della curatrice è che, al termine del restauro da 262 milioni di euro previsto per il 2030, queste creazioni diventino parte di una collezione permanente, segnando un passo decisivo verso una visione dell'arte globale e inclusiva. "Non si tratta solo di un'esposizione spettacolare per chiudere questo capitolo del Pompidou. È un progetto che guarda al futuro, un riconoscimento tardivo ma necessario", osserva Knock. Un omaggio a coloro che hanno trovato in Parigi un palcoscenico per il proprio talento, una riflessione sulla memoria culturale e un tributo al potere inarrestabile della creazione artistica.