Anche oggi, con liberazione del secondo (piccolo) gruppo di ostaggi, Hamas ha avuto l'occasione di mettere su uno spettacolo per mostrare di non essere stato sconfitto.
Tra uomini in mimetica e che imbracciavano mitra, la liberazione ha avuto per Hamas un valore mediatico enorme, facendo rimbalzare un'immagine di forza immutata, che non corrisponde alla realtà, ma che al gruppo serve per ricandidarsi alla guida politica e militare della Striscia di Gaza, a dispetto di quel che vogliono le parti in causa nelle trattative per il cessate il fuoco (Stati Uniti, Egitto e Qatar); che vogliono le cancellerie occidentali e forse anche di Cina e Russia; che vogliono i palestinesi che sono al limite della sopravvivenza e non vedono certo con gioia riapparire, nelle strade della martoriata regione, ragazzi in armi che cercano di tornare ad imporre la legge di Hamas.
Lo show di Hamas per la liberazione degli ostaggi un rischio per il cessate il fuoco
Ma lo show messo in piedi per la liberazione degli ostaggi sta irritando tutti coloro che non sono Hamas, a cominciare da Israele, che al suo interno ha una parte - che resta minoritaria - dell'opinione pubblica che reputa la tregua come una inaccettabile resa davanti al ricatto degli ostaggi - con il balletto sui nomi di chi dovrebbe essere liberato, inserendo in questo orribile conteggio anche le salme di chi è morto durante la prigionia -. Una parte di Israeliani che, sostengono che quella contro Hamas è stata una vittoria parziale, quando al Paese e al suo futuro ne sarebbe servita una totale.
Un sentimento che è stato tradotto, in parole, dall'ex ministro Itama Ben Gvir, dimessosi dal governo di Benjamin Netanyahu per la gestione della trattative per gli ostaggi.
"Siamo felici ed emozionati per il ritorno di Agam, Arbel e Gadi, ma - ha detto Ben Gvir - le immagini scioccanti da Gaza sottolineano che non si tratta di una vittoria assoluta, bensì di un fallimento totale di Israele, con un accordo sconsiderato senza precedenti. Il governo avrebbe potuto fermare gli assetati di sangue che ora tentano di linciare i nostri ostaggi bloccando gli aiuti e schiacciandoli militarmente fino a costringerli a implorare il rilascio dei nostri prigionieri, ma ha scelto la via della resa ai mostri umani".
La posizione dell'ex ministro non è affatto isolata e quanto accaduto oggi, così come in occasione del precedente rilascio, sta facendo montare, in Israele, la rabbia non per l'esito della trattativa, quanto perché Hamas sta sfruttando l'opportunità per portare avanti una campagna mediatica che, ribadendo la sua forza, possa essere un polo di attrazione per giovani che anelano di impugnare le armi e anche per i partner di riferimento (l'Iran sciita), che potrebbe anche ripensare alle modalità dell'appoggio al movimento islamista.