Esteri

Medio Oriente: Israele non ferma gli attacchi nella Striscia, altissimo il numero dei morti

Redazione
 

Almeno 40 palestinesi, secondo le foni sanitarie locali, sono morti questa mattina dopo una serie di attacchi israeliani, che hanno colpito in tutta la Striscia di Gaza, soprattutto nella zona di Khan Yunis.
Altre quindici persone, riferiscono le stesse fonti, sono morte in tre diversi attacchi in diversi quartieri di Gaza City, nel nord, e almeno cinque sono morte in bombardamenti nei campi profughi nel centro dell'enclave.
L'ospedale Nasser di Jan Yunis, il principale ospedale del sud della Striscia, ha accolto nelle ultime ore 20 corpi, dieci dei quali bambini e cinque donne. In un attacco aereo, che ha colpito una casa nel quartiere di Qizam Rashwan e dove si erano rifugiate divere famiglie, sette persone sono morte.

Medio Oriente: Israele non ferma gli attacchi nella Striscia, altissimo il numero dei morti

Nella zona di Mawasi, obiettivo degli attacchi israeliani, ci sono centinaia di migliaia di sfollati che vivono in tende fragili che non proteggono dal freddo e nelle ultime settimane sono già morte per ipotermia otto persone, tra cui sette neonati.

Inoltre, l'aeronautica israeliana ha attaccato un edificio di quattro piani nel campo profughi di Bureij, dove si trovavano dozzine di sfollati. Non esiste ancora una stima delle vittime perché i servizi di emergenza per ora non sono riusciti a salvare nessuno.

Dall’inizio della guerra, più di 15 mesi fa, secondo gli ultimi dati del Ministero della Sanità di Gaza, sono morte 45.885 persone e più di 109.000 sono rimaste ferite.
Inoltre, si stima che sotto le macerie della Striscia restino sepolti i corpi di circa 11.000 persone scomparse.
Da parte sua l’esercito israeliano stima che entro il 2026 sarà in grado di reclutare quasi 5.000 ebrei ultraortodossi (i primi sono arrivati nelle caserme nella giornata di domenica, mettendo fine ad una querelle che durava da anni) una cifra che crescerà l’anno successivo e che non prevede limiti o quote, come previsto dall’attuale governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu.

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