Era il cuore pulsante degli uffici. Ma anche l’arma degli scrittori e la fedele compagna di tutti i giornalisti. Nelle mani di giganti come Gadda, Abrasino, Fallaci o Montanelli, le macchine per scrivere hanno dato forma a parole destinate a durare in eterno. Seduti a una scrivania con un sigaro acceso, o su un divano con la macchina sulle gambe, gli intellettuali del Novecento hanno dato vita ai capolavori che tutti conosciamo, o a corsivi sferzanti e arguti, capaci talvolta di cambiare il corso della storia. Il tutto con una lingua spesso nervosa e inquieta, perché magari i martelletti si inceppavano. Sicuramente inarrestabile e muscolare, impressa com'era con inchiostro nero sul foglio bianco.
Il ritorno della macchina per scrivere: un'elegia di tasti e ingranaggi
Una magia unica, fatta del fruscio della carta, dell'odore d'inchiostro e quell’ipnotico “ding” del carrello che tornava a capo: la colonna sonora di chiunque amasse raccontare storie, documentare il mondo o semplicemente dare voce ai propri pensieri. Il tutto, mentre le parole prendevano forma attraverso il tintinnio ritmico dei tasti, con il rullo che scorreva lentamente come una pellicola di vecchi film in bianco e nero.
Non solo uno strumento, ma un'estensione della mente e delle emozioni di chi la usava. Non esisteva il tasto “canc”: ogni errore restava impresso, obbligando l’autore a riflettere cento volte prima di imprimere parole su carta, a ponderare ogni frase con una cura artigianale, quasi maniacale. C'era insomma qualcosa di profondamente intimo in quel gesto: il peso dei tasti sotto le dita, il ritmo dettato dalla propria ispirazione, l’attesa paziente prima di rivelare un pensiero definitivo.
Oggi, le macchine per scrivere sono divenute reliquie di un’epoca passata, ma non hanno perso il loro fascino. Collezionisti, scrittori nostalgici e artisti continuano ad amarle, a restaurarle e a riportarle in vita, consapevoli che in quei tasti di metallo si cela ancora un'anima. Perché ogni macchina ha la propria storia, come un vecchio romanzo con le pagine ingiallite, e continua a raccontarla a chiunque voglia ascoltarla, nonostante il pc e lo smartphone l’abbiano abbondantemente mandata in pensione.
E così, ad esempio, a Pawtucket, nel Rhode Island, esiste un piccolo negozio che sembra un santuario per nostalgici e appassionati: Marr Office Equipment. Qui, Mike Marr ripara macchine per scrivere da più di vent'anni, restituendo loro dignità e funzionalità. Ogni settimana, nel suo laboratorio, circa venticinque macchine tornano a nuova vita. "Quando entrano e prendono in mano quella macchina per scrivere, vedere il loro sorriso è tutto per noi", racconta Marr alla BBC.
Tra le sue mani passano strumenti carichi di storia, pezzi di metallo intrisi di ricordi, ingranaggi che custodiscono i segreti di generazioni di scrittori. Nel cuore di Providence, invece, lo studio legale Tomasso & Tomasso è un esempio lampante di come la macchina per scrivere non sia solo un pezzo da museo. "Non passa giorno che non le usiamo", racconta John Tomasso. Per lui e suo fratello Ray, la macchina per scrivere è ancora il modo migliore per compilare moduli legali e assegni, garantendo chiarezza e sicurezza. "È difficile hackerare una macchina per scrivere", aggiunge con un sorriso.
Anche a Milwaukee, Woody Jarvis, titolare di un'agenzia immobiliare, si affida alla sua macchina per scrivere per modificare documenti senza dover ristampare intere pagine. "Per me funziona, so come farla funzionare", spiega.
E non è solo per nostalgia. Nel 2013, in seguito alle rivelazioni sui programmi di sorveglianza dell'NSA, il Servizio di Guardia Federale Russo tornò ad affidarsi a questi strumenti per evitare intercettazioni. Anche in Germania, alcuni uffici governativi valutarono un ritorno alle macchine per scrivere per questioni di sicurezza. Le agenzie funebri americane, invece, continuano a utilizzarle per la loro affidabilità.
"Vendiamo ancora quattro o cinque macchine IBM ogni settimana", afferma Jim Riegert, titolare di Typewriters.com. Una prigione ha persino acquistato dodici macchine per scrivere per la biblioteca, dato che i detenuti non possono usare computer connessi a internet. Nonostante l'era digitale, la produzione di macchine per scrivere non si è mai, dunque, fermata del tutto. La Royal, storica azienda americana, continua a produrne migliaia ogni anno.
"Ovviamente non c'è molta crescita, ma il mercato è sostenibile", afferma il presidente Todd Althoff.
Lisa Floading, artista e insegnante, possiede sessantadue macchine per scrivere. "C'è qualcosa di invitante in una macchina per scrivere con la carta già inserita", dice. Ha persino partecipato al Qwertyfest di Milwaukee, un festival dedicato a celebrare la storia di questi strumenti e del celebre layout QWERTY.
La scrittrice Anjali Banerjee ha trovato nelle macchine per scrivere una nuova fonte di ispirazione.
"Le prime bozze emergono in modo più fluido", confessa alla BBC. "Devo continuare ad andare avanti. La storia si muove più velocemente". Dopo aver acquistato la sua prima macchina nel 2019, la sua collezione ha raggiunto le centoventi unità. E così, in un mondo dominato dalla velocità e dall'effimero, il ritorno alla lentezza consapevole della scrittura appare quanto mai raro e prezioso. Un’esperienza tangibile e unica per chi ancora ne apprezza la magia immortale, come le storie che racconta.