Economia

M&A globale in frenata, ma crescono i mega deal: minimo storico per volumi e picco per valori nel 2025

Redazione
 
M&A globale in frenata, ma crescono i mega deal: minimo storico per volumi e picco per valori nel 2025
Il mercato globale delle fusioni e acquisizioni (M&A) continua a muoversi su un terreno instabile, riflettendo un contesto di incertezza che sembra diventare la nuova normalità per investitori e aziende. Secondo il Mid-Year ’25 Outlook di PwC, nei primi cinque mesi del 2025 le operazioni M&A sono calate del 9% a livello mondiale e del 14% in Italia, facendo prevedere un anno che potrebbe chiudersi con meno di 46.000 transazioni globali - il livello più basso dell’ultimo decennio - e appena 1.300 operazioni in Italia.

M&A globale in frenata, ma crescono i mega deal: il 2025 segna un minimo storico per volumi e un picco per valori

Nonostante la frenata delle operazioni, il controvalore delle transazioni registra un sorprendente +13% a livello mondiale, spinto dai cosiddetti mega deal superiori a 1 miliardo di dollari (+18%) e addirittura a 5 miliardi (+25%). Anche in Italia si osserva una dinamica simile: volumi in calo (-14%) ma valori in crescita (+36%), trainati soprattutto dalle grandi operazioni nei Financial Services come l’OPS di MPS su Mediobanca e quella di Mediobanca su Banca Generali.

Senza il contributo dei Financial Services, tuttavia, lo scenario italiano sarebbe decisamente più cupo: i volumi scenderebbero del 18% e i valori addirittura del 47%. In netto calo anche il numero di operazioni con valori superiori ai 500 milioni di dollari, passate da 15 nel 2024 a 10 nei primi mesi del 2025.

A livello globale, i settori Aerospace & Defence, Chimica, Wealth Management e Utilities mostrano segnali positivi sia per volumi che per valori. Al contrario, automotive, manifatturiero e farmaceutico risentono dei dazi e della crescente complessità delle supply chain, registrando un netto rallentamento delle attività di M&A.

In Italia, il quadro è ancora più sfumato: calano i volumi in quasi tutti i comparti, con un crollo marcato per l’industriale e l’automotive (-29%). Fanno eccezione solo Health Industries e il comparto Technology, Media & Telecom (TMT), che restano sostanzialmente stabili.

Il segmento del private equity non sfugge alla turbolenza. Globalmente, circa il 47% delle oltre 30.000 aziende nei portafogli PE risulta detenuto da più di cinque anni, segnale di un mercato in fase di consolidamento. Nonostante un leggero aumento delle exit (+83 rispetto al 2024), i disinvestimenti non bastano a invertire la tendenza.

In Italia, la situazione è meno critica: al 31 dicembre 2024, solo il 29% degli investimenti PE aveva un vintage superiore a cinque anni. Una risposta innovativa a questo rallentamento è la creazione di continuation funds, che offrono agli investitori la possibilità di liquidare o prolungare la partecipazione, e il crescente interesse verso il private debt, con nuovi fondi focalizzati sul finanziamento diretto alle imprese.

A pesare sul sentiment degli investitori contribuisce anche il crescente debito pubblico dei Paesi OCSE, atteso a 59 trilioni di dollari nel 2025 (pari all’85% del PIL), quasi il doppio rispetto al pre-crisi finanziaria globale del 2007. Questa dinamica potrebbe alimentare ulteriori rialzi dei tassi di interesse, aggiungendo incertezza e spingendo le aziende a riconsiderare le strategie di allocazione tra crescita organica e M&A.

Nonostante il calo generalizzato, il mercato italiano resta vivace sul fronte dei grandi deal strategici. Tra i casi più rilevanti figurano l’acquisizione di Versace da parte di Prada nel consumer, l’incremento della quota di TIM da parte di Poste Italiane nel TMT, e le mosse di Snam e MFE in Germania, di Prysmian negli Stati Uniti, di Generali in Francia e di Saipem nel Regno Unito. Significativi anche gli investimenti di KKR in Enilive e di Ares Alternative in Eni Plenitude.
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