Attualità

Libera Cecilia Sala: una vicenda conclusasi felicemente, ma non sappiamo a che prezzo

di Demetrio Rodinò
 

Quindi Cecilia è finalmente tornata a casa e a tutti, nessuno escluso (ad eccezione di quelli che, non avendo qualcosa di intelligente da dire, hanno liquidato la sua disavventura con un ''in fondo se l'è cercata), la cosa regala un piacere immenso. Sia per la soluzione positiva della vicenda personale, che per il fatto che il suo arresto da parte delle autorità iraniane era talmente ingiustificato da fare insorgere l'opinione pubblica mondiale (la notizia della liberazione è stata data, in tempo reale, dai media internazionali). Le prime immagini la ritraggono raggiane e, per quel che si vede, nemmeno tanto provata, a meno che il sorriso che ha rivolto a Giorgia Meloni, al ministro degli Esteri Antonio Tajani e al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, non mascheri tensione e sofferenze.

Libera Cecilia Sala: una vicenda conclusasi felicemente, ma non sappiamo a che prezzo

Arrestata il 19 dicembre scorso, la giornalista era stata arrestata e poi portata nel carcere di Evin, di massima sicurezza e che ospita soprattutto dissidenti, dove era stata messa in isolamento.
Solo a distanza di giorni dall'arresto, le autorità iraniane avevano reso noto che era stato eseguito per violazione delle leggi della Repubblica islamica dell'Iran. Una accusa troppo generica e alla quale non sono stati aggiunte spiegazioni sui comportamenti contestati.

Questa vicenda, conclusasi positivamente, deve spingere a delle considerazioni su quanto sta accadendo o potrebbe accadere, in giro per il mondo, in un periodo in cui la comunicazione vola velocissima e nulla accade senza che qualcuno ne sia a conoscenza e lo renda noto a tutti.

Ma un arresto, di una persona che stava facendo il suo lavoro (e, per quel che conosciamo di Cecilia Sala, anche con cautela e correttezza, sapendo a cosa si stava esponendo), significa che nessuno è al sicuro in Paesi in cui la libertà è un concetto scritto su libri poi chiusi e sui quali si è posata la polvere dell'indifferenza.

Cosa l'Italia abbia dovuto contrattare o cedere a Teheran sarà evidente tra poco tempo, legando la vicenda della giornalista italiana a quello dell'ingegnere iraniano Mohammad Abedini, arrestato dalle autorità italiane su richiesta di quelle statunitensi.

Certo, non si fa niente per niente e, quindi, un prezzo si pagherà e non possiamo nasconderci dietro la formula ''tutto pur di vedere Cecilia Sala libera'' per accettare che in questa questa vicenda c'è stato un ricatto o, se si è buonisti, uno strumento di forte pressione.

Talmente forte che tutti, convintamente, ora siamo soddisfatti e sicuri che il rientro a casa della giornalisti sia una vittoria della nostra diplomazia, quasi temendo di dire che tutta la storia ha il sapore di una beffa.

Almeno per noi, perché abbiamo dovuto quasi pietire per Cecilia il rispetto dei diritti, perché abbiamo dovuto inghiottire chissà quale boccone amaro (diplomatico, giudiziario, di immagine) pur di tornare a vederla libera, perché siamo tutti consapevoli di avere subito un torto.

Ma non solo per noi, perché questa storia significa che d'ora in avanti ogni arresto eseguito per un mandato internazionale esporrà i cittadini di quello Stato esposti ad una rappresaglia.

Chi impedirà al governo di Lilliput, se un suo cittadino viene arrestato, per dire, in Italia per avere stuprato e ammazzato, di rivalersi su un nostro connazionale accusandolo vagamente di qualcosa e spedendolo in un carcere da incubo?

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