Economia

Leadership al femminile, Italia ancora indietro, solo il 7% delle aziende ha un’Amministratrice Delegata

Redazione
 
Leadership al femminile, Italia ancora indietro, solo il 7% delle aziende ha un’Amministratrice Delegata
In Italia la leadership femminile resta un traguardo lontano. La seconda edizione dell’Osservatorio Donne Executive, promosso dal Corporate Governance Lab della SDA Bocconi School of Management in collaborazione con Eric Salmon & Partners, fotografa una realtà in cui le donne nei ruoli apicali restano una minoranza. L’indagine, che quest’anno estende l’analisi al confronto con Francia, Germania e Belgio, mette in luce un dato emblematico: solo il 7% delle imprese italiane è guidato da un’Amministratrice Delegata, percentuale invariata rispetto alla precedente rilevazione.

Leadership al femminile, Italia ancora indietro, solo il 7% delle aziende ha un’Amministratrice Delegata

Lo studio, basato su un campione di 320 grandi imprese, di cui 169 quotate, rileva che le donne executive in Italia rappresentano appena il 18,1% del totale, contro il 17,4% della prima edizione. In altre parole, nei vertici aziendali il rapporto resta di una donna ogni sei uomini. Le manager si concentrano prevalentemente nelle funzioni di staff, risorse umane, legale, audit, investor relations e sostenibilità, mentre restano sottorappresentate nei comparti operativi e finanziari, tradizionalmente considerati passaggi obbligati per l’accesso alle posizioni di vertice.

Il confronto con il resto d’Europa mostra come il divario italiano sia ancora profondo. Oltre il 20% delle imprese nel nostro Paese non presenta alcuna donna nei team di direzione, mentre in Francia quasi un’azienda su cinque supera il 50% di presenza femminile nei ruoli executive, grazie a un impianto normativo più evoluto e a pratiche consolidate di inclusione. La Germania mantiene un approccio più frammentato e rigido, mentre il Belgio evidenzia un equilibrio più avanzato, pur su numeri inferiori.

Elemento centrale dell’analisi è il ruolo dei Comitati Nomine, considerati una leva strategica per favorire la presenza femminile nei ruoli di comando. La ricerca evidenzia che la presenza di almeno una donna in questi organi aumenta del 15,3% la probabilità di nomine esecutive femminili. L’impatto della legge Golfo-Mosca è stato determinante: dall’introduzione della normativa la probabilità di nomine di donne ai vertici aziendali è cresciuta del 25,1%, avvicinando l’Italia ai livelli della Francia.

Accanto all’analisi quantitativa, l’Osservatorio ha integrato una ricerca qualitativa basata su interviste a top manager e responsabili delle risorse umane, che ha evidenziato la persistenza di ostacoli culturali e bias inconsci, ma anche fenomeni di autoesclusione femminile legati alla “sindrome dell’impostore”. Alcune imprese stanno reagendo introducendo strategie misurabili: obiettivi di diversity nei sistemi di incentivazione, monitoraggio del gender pay gap, programmi di mentoring, politiche di flessibilità e sostegno al caregiving, oltre a iniziative nelle scuole e università per promuovere modelli femminili concreti.

Nel corso della presentazione a Milano, Alessandro Minichilli, direttore del Corporate Governance Lab della SDA Bocconi, ha sottolineato che “senza interventi mirati sulla pipeline e sulle funzioni strategiche, il riequilibrio di genere nelle posizioni apicali rimarrà lento e incompleto. È necessario agire sulla cultura organizzativa e rafforzare i percorsi di carriera femminili in ambiti chiave come operations e finanza”.

Paola Calderini, CEO Italia di Eric Salmon & Partners, ha ricordato che “le aziende che integrano obiettivi di diversity and inclusion nelle proprie strategie non solo promuovono l’equità, ma rafforzano competitività, capacità di attrarre talenti e reputazione sul lungo periodo”.

L’Osservatorio conferma che la parità di genere nei vertici aziendali non è soltanto una questione di giustizia sociale, ma una leva decisiva di crescita e innovazione.
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