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Nel Lazio la piaga della dispersione scolastica: ma c'è qualcuno che ne cerca veramente i motivi?

di Demetrio Rodinò
 
Nel Lazio la piaga della dispersione scolastica: ma c'è qualcuno che ne cerca veramente i motivi?

La notizia, volendo ridurla alla scarna logica dei numeri, è che, tra Ostia e Civitavecchia e in alcuni Comuni dell'interno della provincia di Roma, i carabinieri hanno individuato centinaia di scolari e studenti che non hanno mai frequentato la scuola. Non che ci andavano a intermittenza o che facevano lunghissime assenze a fronte di poche presenze: proprio non ci sono mai andati.

Nel Lazio la piaga della dispersione scolastica: ma c'è qualcuno che ne cerca veramente i motivi?

Nella nota stampa dei carabinieri si legge che sono stati segnalati i genitori di 122 tra scolari e studenti (di età compresa tra 6 e 16 anni) per l'ipotesi di dispersione scolastica e che sono stati 141 gli istituti sottoposti a verifica (in 38 di essi scoperti i casi di minori con assenze ingiustificate).

Più precisamente, la lente di ingrandimento dei militari ha riguardato scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, rilevando varie ipotesi di dispersione scolastica. In alcuni casi sono state segnalate dai dirigenti scolastici assenze anche di oltre 90 giorni.

Ma i numeri sono numeri, si dovrebbero prendere per quello che sono e, quindi, non si dovrebbero analizzare più di tanto. Però, in questo caso, una riflessione occorre farla e riguarda le famiglie di provenienza dei ragazzi ''colpevoli'', loro malgrado, di non andare a scuola per come dovrebbero.

Sarebbe, in proposito, chiarificatore, per il nostro ragionamento, avere la conferma, come pensiamo, che la quasi totalità delle famiglie in questione vivono una condizione di disagio, che è soprattutto economico e forse non completamente sociale. Perché nessuno ha ben chiaro che la cosiddetta scuola dell'obbligo non è affatto gratuita come dovrebbe essere.

Chi ha in casa figli in età scolare o nipoti sa benissimo di cosa stiamo parlando, perché i libri che accompagnano quelli obbligatori costano fior di denaro e forse, alla fine dell'anno scolastico, molti di essi non sono mai nemmeno aperti, andando a finire in un cassetto.

Libri che non possono nemmeno essere venduti di seconda mano - cercando di recuperare in parte la spesa - per il perverso meccanismo che, cambiando una parola qui e un disegno lì, quelli dell'anno precedente non sono gli stessi chiesti dagli insegnanti.

Ci sono famiglie che queste spese non ce la fanno ad affrontarle. Il fatto di vederci, a destra e a manca, circondati da esempi di ricchezza, che talvolta diventa opulenza, non deve farci dimenticare che, dietro questi modelli patinati, c'è tanta gente che non ce la fa.

Ci stiamo riferendo - come dicono quelli che parlano forbito - a quelli che sono rimasti indietro e per i quali mandare a scuola un figlio è un costo non ammortizzabile, e che tenerlo a casa magari per qualche settimana fa risparmiare loro il costo di un pantalone nuovo e di una maglietta o di una gita che, sebbene istruttiva, costituisce un esborso che si può decidere di non affrontare, a costo di deludere i propri figli.

Quanti delle centinaia di genitori denunciati dai carabinieri, se avessero potuto, avrebbero mandato i loro figli a scuola? E quanti di loro si dolgono per non poterlo fare?

La legge è implacabile, ma la sua interpretazione appartiene agli uomini, soprattutto coloro nelle cui mani ci mettiamo quotidianamente. Prima di condannare, quindi, si dovrebbe capire. E nella nostra società la comprensione è diventata rara.

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