È una storia che ci fa rabbrividire, quella che emerge dai laboratori dell'Università della Magna Graecia di Catanzaro. Una storia di crudeltà sistematica, corruzione e falsità che getta un'ombra inquietante sul mondo accademico e istituzionale. Trentatré persone indagate, undici agli arresti domiciliari e una sospesa dalle pubbliche funzioni: è questo il bilancio di un'inchiesta che ha svelato un sistema di ispezioni pilotate e sperimentazioni crudeli sugli animali. Gli eventi, già di per sé sconvolgenti, rivelano una realtà ancora più inquietante: la mancanza di un adeguato sistema di controllo e di un’etica condivisa nei laboratori italiani, che dovrebbe rappresentare il cuore pulsante della ricerca scientifica e del progresso.
L’orrore nascosto nei laboratori universitari: una vergogna che deve scuotere tutti
Secondo la Procura di Catanzaro, i laboratori universitari erano un teatro dell’orrore: cavie vive sottoposte a sevizie disumane, uccise senza anestesia, scagliate contro muri o decapitate brutalmente. Le gabbie in cui venivano rinchiuse erano sporche, sovraffollate, in condizioni tali da rendere dubbia qualsiasi pretesa di validità scientifica dei risultati ottenuti. A questo quadro già desolante, si aggiunge il fatto che tali pratiche disumane sono avvenute sotto il pretesto della ricerca scientifica, un ambito che dovrebbe essere sinonimo di progresso e rispetto per la vita. Gli indagati non si limitavano a ignorare le leggi; le aggiravano con un cinismo inquietante. Veterinari e funzionari dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro chiudevano un occhio in cambio di favori personali, come incarichi di docenza retribuiti o posti di lavoro per i propri figli. L’inquietante livello di collusione coinvolgeva non solo il personale universitario, ma anche esponenti di spicco delle istituzioni locali. A orchestrare tutto, l’ex rettore Giovambattista De Sarro, che, secondo gli inquirenti, muoveva le fila di un sistema volto a nascondere anni di violazioni sistematiche delle normative sul benessere animale. Un sistema che non solo ha danneggiato la reputazione dell’università, ma che ha anche messo in discussione l’integrità della ricerca scientifica in Italia.
L’inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza, ha portato alla luce accuse gravissime: associazione per delinquere, corruzione, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato, maltrattamento e uccisione di animali. Oltre a De Sarro, agli arresti domiciliari sono finiti Domenico Britti, presidente dell’Organismo preposto al benessere animale e figura di spicco nella Scuola di Farmacia e Nutraceutica, e Giuseppe Caparello, presidente dell’Ordine dei medici veterinari e direttore del Servizio veterinario dell’ASP dal 2018. Tra gli altri coinvolti, Fabio Castagna, Rita Citraro, Nicola Costa e Giovanni Loprete, tutti ricoprenti ruoli chiave nella gestione dei laboratori di Germaneto e Roccelletta di Borgia. Queste figure non erano semplicemente complici, ma veri e propri artefici di un sistema radicato di sfruttamento e di violenza, che sembrava operare senza limiti né remore morali. Un funzionario dell’ASP, Luciano Conforto, è stato sospeso per un anno. Fra gli indagati a piede libero spicca Ciro Indolfi, presidente della Federazione Italiana di Cardiologia, responsabile di un progetto di ricerca su un modello di danno vascolare nei ratti.
Il cuore dell’inchiesta ruota attorno a un finanziamento pubblico di due milioni di euro per un progetto di ricerca. Un finanziamento che, secondo gli investigatori, è stato salvaguardato a ogni costo, anche a discapito dell’etica e della legalità. Nei laboratori si utilizzavano farmaci come morfina e ketamina senza alcun controllo, senza armadietti o registri, violando ogni norma sulla sicurezza e sulla tracciabilità. L’assenza di regolamentazioni effettive ha trasformato questi ambienti in veri e propri teatri di abuso. Le cavie venivano acquistate senza progetti autorizzati dal Ministero della Salute, in molti casi da allevamenti illegali, e in altri non risultavano nemmeno nei registri. Il ciclo naturale giorno-notte veniva alterato, costringendo gli animali a vivere in condizioni psicologiche e fisiche devastanti. Quando non erano più utili, venivano uccisi in modi che gli investigatori non esitano a definire “inutilmente crudeli”. Queste pratiche non solo hanno inflitto sofferenze inimmaginabili agli animali, ma hanno anche compromesso la credibilità scientifica di tutti i risultati ottenuti, gettando un’ombra su tutto il lavoro svolto in quei laboratori. E, più in generale, sul sistema accademico e scientifico italiano, che dovrebbe essere garante di trasparenza e innovazione, ma che troppo spesso si dimostra incapace di prevenire tali degenerazioni. Dal 2015, le ispezioni avrebbero dovuto garantire la sicurezza e il rispetto delle normative.
Invece, secondo la Procura, erano pilotate per nascondere le violazioni. I veterinari incaricati ricevevano compensi indebiti o benefici personali, certificando che tutto fosse in regola. Un esempio emblematico: un dirigente ASP avrebbe ottenuto l’assunzione della figlia presso l’Università.
Una vicenda, quella dell'Università della Magna Graecia di Catanzaro, semplicemente inconcepibile. Perché è impensabile che nel 2025 si debba ancora assistere a episodi di tale brutalità. Gli animali non sono strumenti da sacrificare: sono esseri senzienti, che meritano rispetto e tutela. E che tutto ciò sia accaduto in un contesto accademico, dove si dovrebbero promuovere etica e progresso, è un affronto a qualsiasi principio di civiltà. L’indignazione suscitata da questa vicenda deve tradursi in un cambiamento reale, che vada oltre le parole e le promesse.
È fondamentale che la società prenda consapevolezza di queste atrocità, e che si impegni a sostenere iniziative concrete per cambiare le cose una volta per tutte. Nell’era dell’Intelligenza artificiale, delle tecnologia AR e VR, delle varie sonde che esplorano l’universo e chi più ne ha più ne metta… ancora con la vivisezione sugli animali? E’ ora di dire basta, è ora che la scienza si impegni seriamente per trovare e adottare metodi alternativi alla sperimentazione animale, promuovendo una cultura di rispetto per la vita. Perché la scienza è, dovrebbe essere, vita. Non morte, e certamente non atrocità gratuite. Ogni animale sacrificato inutilmente è una macchia sulla coscienza collettiva. È tempo di agire, perché tragedie come questa non si ripetano mai più. La vera innovazione non è solo tecnologica, ma anche etica. E l’Italia deve essere in prima linea nel dimostrarlo. Solo un impegno comune può portare a un cambiamento significativo, in cui la scienza e l’etica possano finalmente camminare mano nella mano.