Economia
Italia, occupazione in crescita ma lavori a basso reddito ancora prevalenti
Redazione

Il mercato del lavoro italiano continua a mostrare segnali di ripresa, ma l’analisi integrata di occupazione e redditi pubblicata da Istat rivela una situazione complessa, nella quale le fragilità strutturali restano ampie. Secondo il Focus “Mercato del lavoro e redditi - Anno 2023”, l’occupazione cresce, la disoccupazione scende e, per la prima volta dopo la pandemia, il numero degli occupati supera quello del 2019. Ma l’aumento riguarda soprattutto le fasce meno abbienti e i lavori con minore redditività, mentre il potere d’acquisto dei redditi resta sotto pressione.
Italia, occupazione in crescita ma lavori a basso reddito ancora prevalenti
Nel 2024 il tasso di occupazione dei 15-64enni sale al 62,2%, con un calo della disoccupazione al 6,6% e una sostanziale stabilità dell’inattività. Guardando al 2023, la situazione è simile, l’occupazione passa dal 60,1% al 61,5% (+1,4 punti) e la disoccupazione scende dal 7,8% all’8,2%. A trainare questa dinamica sono soprattutto le famiglie con redditi più bassi: nel primo quinto, il tasso di occupazione cresce di 2,7 punti e la disoccupazione si riduce di ben 2,4 punti.
Il Mezzogiorno resta l’area più fragile, con un tasso di occupazione fermo al 48,2%, ma proprio qui si registra una crescita significativa, pari a quella del Nord-est (+1,5 punti). Nelle fasce d’età centrali il mercato del lavoro mostra la dinamica più forte. I 55-64enni segnano un incremento del tasso di occupazione di 2,3 punti, mentre tra i giovani 25-34 anni si registra un +2 punti, con un picco di +5 punti nel quinto più povero. La distanza di genere rimane ampia nelle fasce a basso reddito, dove gli uomini superano le donne di oltre 27 punti percentuali, mentre si restringe nelle famiglie più ricche.
Il livello di istruzione si conferma un potente fattore discriminante. Nel quinto più povero, chi ha un titolo universitario registra un tasso di occupazione del 52,2%, oltre 20 punti sopra i meno istruiti. Nel quinto più ricco, il divario supera i 32 punti, con un tasso del 90% tra i laureati. L’aumento occupazionale rispetto al 2022 è particolarmente marcato proprio tra i diplomati e i laureati.
Sul fronte delle tipologie contrattuali emerge un altro segnale significativo: cresce la quota dei lavoratori stabili, che passa dal 39,8% al 41,2% degli occupati (+1,4 punti). Anche se nel quinto più povero aumentano anche i contratti a termine (+1,3 punti), segno di una maggiore fragilità delle posizioni lavorative nelle fasce più deboli della popolazione.
Analizzando i settori, oltre il 42% degli occupati lavora nei servizi. Crescono soprattutto industria, turismo, informazione-comunicazione e sanità, mentre si riducono costruzioni e agricoltura. Gli occupati nel commercio e nella manifattura restano particolarmente numerosi nelle classi di reddito centrali, mentre l’agricoltura rimane associata ai redditi più bassi.
Uno dei dati più rilevanti riguarda la struttura qualitativa dell’occupazione. Nel 2023, oltre un quarto dei lavoratori (26,7%) è impiegato in professioni a basso reddito, mentre solo il 15,2% in quelle ad alto reddito. La maggior parte (39,6%) si colloca nel gruppo medio-alto, in crescita di quasi 29 punti percentuali rispetto al 2019, a scapito delle professioni medio-basse. La classica “polarizzazione” del mercato del lavoro italiano non si amplia, ma si trasforma, si riducono le professioni intermedie e aumentano quelle meglio retribuite.
Particolarmente significativo è il dato sui nuovi occupati: il 42,7% entra in un’occupazione appartenente al gruppo a basso reddito, molto spesso in settori stagionali o caratterizzati da elevata intermittenza, mentre solo il 6,9% accede direttamente a lavori ad alto reddito. È un segnale che conferma come la ripresa occupazionale si concentri nelle aree più fragili del mercato del lavoro.
Sul piano dei redditi, la dinamica appare più problematica. Nel 2022, anno di forte inflazione, il reddito medio da lavoro (20.600 euro, a prezzi costanti 2015) rimane sotto il livello del 2018 (20.900 euro). Il reddito dei lavoratori autonomi, invece, supera di oltre il 10% quello del 2018, mostrando una capacità di adattamento ai prezzi maggiore rispetto ai dipendenti, che scontano i tempi della contrattazione collettiva. La perdita di potere d’acquisto del lavoro dipendente è più evidente nei quinti di reddito medio e alto, mentre nel quinto più povero la distanza fra lavoratori autonomi e dipendenti è meno marcata.
Tra le professioni a basso reddito, nel 2022 il reddito debole non recupera ancora i livelli pre-pandemia, mentre nelle professioni ad alto reddito si osserva un andamento più stabile, con valori vicini a quelli del 2018.
Una ripresa, dunque, che cammina su due binari e che rende evidente quanto la crescita dell’occupazione sia solo una parte della storia, l’altra è la qualità del lavoro, ancora troppo diseguale.