Un colosso finanziario da oltre 1.500 miliardi di euro di masse amministrate e gestite, questa sarebbe la dimensione di una joint venture tra Intesa Sanpaolo e Generali, secondo le stime del Centro studi di Unimpresa. L’operazione, ancora ipotetica ma al centro delle riflessioni dei mercati, ridisegnerebbe gli equilibri del wealth management italiano ed europeo, portando il nuovo polo ai vertici continentali accanto a player globali come Amundi e Allianz Global Investors.
Intesa Sanpaolo - Generali, ipotesi di un polo da 1.500 miliardi nel wealth management
Intesa Sanpaolo, sotto la guida di Carlo Messina, gestisce oggi circa 909 miliardi di risparmio amministrato e 397 miliardi di masse tramite Eurizon. Generali, grazie alla sua doppia anima assicurativa e finanziaria, amministra circa 645 miliardi. La somma, pari a 1.554 miliardi di euro, collocherebbe l’Italia al vertice del risparmio europeo, riducendo il divario con i leader continentali: Amundi (2.100 miliardi) e Allianz Global Investors (1.700 miliardi). La nuova entità supererebbe nettamente competitor come Deutsche Bank AM o UBS AM, oggi tra i 1.000 e i 1.200 miliardi.
Il report di Unimpresa sottolinea la forte complementarità dei modelli di business: la rete distributiva capillare di Intesa si integrerebbe con l’expertise assicurativo-finanziaria di Generali, aprendo a sinergie che vanno dalla creazione di prodotti comuni alla diversificazione dei ricavi, fino a una maggiore penetrazione internazionale. Il wealth management, con le sue commissioni ricorrenti e margini più stabili rispetto al margine di interesse, rappresenta un terreno fertile. Solo nel 2024 Intesa ha generato 2,3 miliardi di ricavi da risparmio gestito, pari a un quarto delle sue commissioni totali. Generali ha contribuito con circa 600 milioni dall’asset management, grazie anche alla spinta dei fondi ESG.
Un polo di queste dimensioni garantirebbe economie di scala, riduzione dei costi unitari e maggiori risorse da destinare a digitalizzazione e sostenibilità, con investimenti stimati in 200-300 milioni l’anno. Tuttavia, l’operazione presenterebbe sfide delicate: la sovrapposizione tra Eurizon (397 miliardi di masse) e Generali Investments (oltre 630 miliardi) richiederebbe un ridisegno industriale complesso per evitare duplicazioni. A ciò si aggiungono i nodi di governance, dal peso decisionale al ruolo delle controllate, oltre al necessario vaglio delle autorità di vigilanza e antitrust, con possibili interventi di golden power vista la strategicità del risparmio degli italiani.
Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, osserva che l’eventuale alleanza non rappresenterebbe solo l’incontro tra due grandi gruppi nazionali, ma un tema cruciale per il Paese: la tutela del risparmio, pilastro dell’economia italiana. Una concentrazione di questa portata, ha sottolineato, implica una responsabilità pubblica da gestire con regole chiare e trasparenza, affinché un eventuale campione nazionale resti al servizio dei cittadini e non diventi un rischio per la concorrenza.
Sul piano politico, un polo interamente italiano assumerebbe i tratti di una scelta “di sistema”, con l’obiettivo di rafforzare la sovranità finanziaria e la competitività del Paese in Europa. Ma tra prospettive di leadership e incognite regolatorie, la partita resta aperta e tutta da giocare.