Il piano tariffario "reciproco" annunciato da Trump si articola in due componenti principali. La prima componente prevede una tariffa base del 10% su tutte le importazioni provenienti da paesi diversi da Canada e Messico, che entrerà in vigore il 5 aprile. La seconda componente impone una tariffa aggiuntiva sui principali partner commerciali, esclusi Canada e Messico, calcolata come metà del rapporto tra il deficit commerciale bilaterale degli Stati Uniti e le importazioni da quei paesi. Questa tariffa aggiuntiva sarà applicata a partire dal 9 aprile. I dazi specifici per paese non si sommano semplicemente al dazio del 10%, ma lo sostituiscono laddove siano superiori.
Le esenzioni riguardano prodotti già soggetti a tariffe settoriali, come acciaio, alluminio, automobili, rame e legname. Anche prodotti farmaceutici, semiconduttori, minerali critici e prodotti energetici sono esenti, poiché sono previsti ulteriori indagini e tariffe settoriali per questi settori.
Canada e Messico ricevono un trattamento preferenziale rispetto alle aspettative iniziali. Le importazioni conformi all'USMCA sono esentate dalla tariffa del 25%.
Le nuove tariffe reciproche si applicano solo al contenuto non statunitense dei beni, se almeno il 20% del contenuto è di origine statunitense. Questo potrebbe ridurre l'impatto delle tariffe, ma l'esclusione del contenuto statunitense è meno rilevante per le importazioni da paesi diversi da Canada e Messico.
L'imposizione di questi dazi presenta diversi possibili scenari per l'economia globale. Il tasso medio delle tariffe sulle importazioni statunitensi è destinato a salire dal 4.8% a circa il 20%.
Le economie asiatiche più piccole e dipendenti dal commercio saranno probabilmente colpite più duramente, sebbene la Cina abbia una certa capacità di stimolo grazie alla deflazione dei prezzi e allo spazio fiscale. Se pienamente attuati, i dazi potrebbero ridurre gli utili aziendali statunitensi di un 15% stimato e comprimere i multipli prezzo/utili di un ulteriore 10%. Nei mercati azionari, Cina, Regno Unito e India potrebbero mostrare una forza relativa, mentre Giappone ed Europa continentale appaiono vulnerabili. A livello settoriale, si prevede che utilities e telecomunicazioni sovraperformino, mentre i titoli del consumo discrezionale e tecnologici sono i più vulnerabili. I titoli di stato dovrebbero performare bene, beneficiando dei flussi verso beni rifugio e delle aspettative di ulteriori tagli dei tassi.
L'implementazione delle "Tariffe reciproche" negli Stati Uniti, a nostro avviso, si potrebbe sviluppare secondo tre scenari di massima:
- Scenario di Negoziazione (probabilità > 40%): Questo scenario rappresenta l'ipotesi più ottimistica, suggerendo che le tariffe annunciate possano rappresentare solamente il limite massimo applicabile. La crescita economica si ridurrebbe di poco, con un'inflazione in leggero aumento. Con questi dati, la Federal Reserve potrebbe effettuare due tagli dei tassi durante l'anno.
- Scenario di Recessione (probabilità < 40%): In questo contesto, il Prodotto Interno Lordo degli Stati Uniti potrebbe contrarsi, registrando una crescita negativa per due o tre trimestri (recessione tecnica). L'inflazione, invece, rimarrebbe vicina all'obiettivo della Federal Reserve. In risposta, la Fed potrebbe tagliare i tassi di interesse, portando il tasso sui Fed funds intorno al 2.0%.
- Scenario Stephen Miran (probabilità circa 20%): Questo scenario ipotizza un accordo internazionale chiamato "Mar-a-Lago Accord", che richiama il "Plaza Accord" del 1985. Il Plaza Accord fu un'intesa tra Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito, mirata a ridurre il deficit commerciale americano attraverso il coordinamento delle politiche monetarie, portando a un deprezzamento del dollaro. Analogamente, il Mar-a-Lago Accord vedrebbe i paesi coinvolti impegnarsi ad acquistare la propria valuta in cambio del dollaro, causando una svalutazione della valuta statunitense. Le tariffe sarebbero utilizzate come strumento di negoziazione per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, data l'attuale tensione nelle relazioni internazionali, è difficile immaginare un accordo consensuale per realizzare questo piano. Pertanto, qualsiasi azione unilaterale per perseguirlo aumenterebbe l'incertezza globale, rendendo complicato fare previsioni economiche affidabili.
Aggiornamento di mercato e del portafoglio di MAGO
- Le decisioni del 2 aprile hanno causato una riconsiderazione violenta dei fondamentali macroeconomici e delle possibili implicazioni sugli utili delle imprese. Il movimento di mercato è stato particolarmente profondo sulla borsa USA, poiché si ritiene che lo scenario stagflattivo sia più probabile negli Stati Uniti, colpiti da uno shock negativo di offerta, rispetto al resto del mondo, soggetto invece agli impatti negativi dovuti alla diminuzione della domanda esterna a causa della riduzione delle esportazioni verso gli USA.
- La portata delle decisioni prese ed il processo intrapreso per attaccare il sistema di commercio internazionale hanno superato le attese più pessimistiche, con il rischio di insinuare il dubbio negli investitori sulla determinazione nel mantenere una quota preponderante di investimenti in attività finanziarie USA. Questo può spiegare perché la reazione complessiva del mercato non sia quella classica delle fasi di risk-off. In particolare, il comportamento del dollaro, in netto indebolimento, non rispecchia la reazione della teoria economica che prevederebbe il rafforzamento della valuta di chi impone i dazi. Ugualmente sorprendente la reazione di alcuni asset emergenti, in particolare con alcune valute ed alcuni listini in netta controtendenza rispetto alla direzione dei mercati sviluppati.
- Nel portafoglio di MAGO, oramai da alcuni mesi, a partire da dicembre 2024, abbiamo ridotto l’esposizione ai temi sensibili all’agenda Trump; abbiamo reagito anche di recente implementando strategie difensive. Il rischio della componente azionaria americana è ora inferiore al 15% rispetto al 25% di fine 2024. La duration a livello di portafoglio è pari a 2.5 anni, mentre la quota dollaro è vicina al 5% rispetto al 15% di fine 2024 ed abbiamo il 3% di yen come valuta risk-off. Abbiamo inoltre acquistato protezione sul credito high yield per una quota pari al 6% di portafoglio.