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Attualità

L’hashtag della vergogna

di Barbara Leone
“Merita una medaglia”, “eroe nazionale”, “la voglio presidente”, “infortunio sul lavoro”, “la gente è stanca”, “peccato per la vetrina”, “eroe nazionale”, “apriamo una raccolta fondi per il miglior avvocato d'Italia”... Sono solo alcuni dei tanti, tantissimi commenti idolatranti che si possono leggere sui social con l’hastag: io sto con Cinzia. Tu stai con chi??? Ah, sì: l’imprenditrice di Viareggio che, dopo esser stata derubata, ha inseguito il ladro con il suo Suv, l’ha investito spiaccicandolo contro una vetrina e per completare l’opera gli è passata sopra per ben tre volta con le ruote. Mai sia fosse ancora vivo. E una volta finita la mattanza, con totale nonchalance è scesa dalla macchina, e si è ripresa la borsetta. Ovvio che io sto con Cinzia: che personcina carina e a modo. Del resto, è così che si fa, no? Occhio per occhio, dente per dente. Benvenuti nel Medioevo, col popolo che acclama il giustiziere di turno il quale, con violenza inaudita, ristabilisce un ordine che si percepisce come perduto.

L’hashtag della vergogna

Scorrendo le varie pagine social, c’è solo da augurarsi che, una volta per tutte, piombi davvero sulla Terra il famoso asteroide. Che, come dico sempre, ci schifa pure lui. Perché va bene tutto: il 47enne nordafricano era un ladro, e pure recidivo. Probabilmente pure clandestino. E quindi: colpa dello Statohhh. E, giacchè ci siamo, tornatene a casa tua. Che, un po’ come il nero, sta bene su tutto. E, a proposito di nero: era pure di colore. Bingo! Un tipo poco raccomandabile, insomma, peraltro ben noto alle Forze dell’ordine. E dirò di più: in un momento di panico e terrore, ci sta pure che tu scapocci. Ma è un momento, appunto. Magari ingrani la prima e lo butti pure a terra. Ma dopo ti fermi, e chiami il 113. Non gli passi sopra tre volte e poi, come se nulla fosse, tutta impettita sui tacchi ti vai a riprendere la borsetta e ciao. Chi s’è visto s’è visto. Anche perché, l’hanno vista eccome. Perché le ha detto sfiga, dal momento che le telecamere di sorveglianza di un negozio hanno ripreso tutta la scena. Che è da brivido. Ma quello che segue l'omicidio (perché di omicidio trattasi, altro che storie) è, se possibile, ancor più inquietante. Invece di suscitare indignazione e sconcerto, la morte del rapinatore è stata salutata con una vera e propria ovazione collettiva attraverso commenti carichi di rabbia, odio e frustrazione che in queste ore si moltiplicano come funghi sui social per culminare in quel vergognoso #iostoconcinzia. Roba da far accapponare la pelle. Il tutto sostenuto anche da discutibili opinioni di personaggi e personaggetti che, se stessero zitti, non farebbero un soldo di danno. Come un noto criminologo che, intervistato da un quotidiano nazionale, ha quasi giustificato l’accaduto perchè, ipse dixit, non è altro che la conseguenza di una crescente sfiducia nella giustizia. E potevano poi mancare gli immancabili ditini puntati di certi politici? Uno a caso: Andrea Crippia, vicesegretario della Lega (e come ti sbagli), che ha commentato: «La violenza va condannata, anche se Cinzia Dal Pino ha probabilmente agito in quel modo perché in Italia c’è la percezione della scarsa, se non inesistente, giustizia». Ergo: ha stato lo Statohhh! Ora: è vero che la gente è stanca. La cronaca nera ci bombarda quotidianamente di episodi di furti, rapine e violenze d’ogni genere. Ma possiamo davvero permettere che questa esasperazione ci riporti indietro di secoli, quando la vendetta personale era la sola forma di giustizia possibile? Possiamo accettare che la rabbia ci faccia perdere di vista il valore della vita? Umana, e non.

Cosa c’entra la giustizia con un atto così ignobile? Passare sopra un corpo non una, non due, ma tre volte… Cosa spinge un essere umano a fare ciò, se non una fredda e lucida ferocia? La domanda risuona insistentemente, eppure sembra non trovare una risposta. O almeno, non una che possa giustificare l'accaduto. Non è un gesto impulsivo, non è un attacco di rabbia incontrollabile. Siamo di fronte a un caso di vendetta calcolata, una reazione spropositata a un'offesa subita. Ma la cosa più inquietante è che una parte considerevole della società applaude a questo ritorno alla legge del più forte. L'escalation di violenza in questo episodio fa riflettere non solo sulla brutalità dell'atto in sé, ma su ciò che lo circonda. Una società che approva, anzi acclama, la giustizia fai-da-te, e che idolatra chi si prende il diritto di vita e di morte sugli altri, sta perdendo completamente la bussola morale. E questo fa paura. Il caso di Viareggio è uno specchio in cui dobbiamo avere il coraggio di guardarci. Non possiamo accettare che la frustrazione per una giustizia che non funziona ci porti a inneggiare alla vendetta e alla violenza. Se lo facciamo, stiamo dicendo che la vita, in questo caso di una persona, vale meno di una borsa rubata. Che il diritto di punire appartiene a chiunque si senta danneggiato. Ma questa non è giustizia: è barbarie. Nemmeno bestialità, perché le bestie non si vendicano e non ammazzano con tale e tanta cattiveria. E’ uno spettacolo incivile, col pubblico che applaude come quando i gladiatori massacravano i poveri Cristi al Colosseo E prima lo capiamo meglio è: se non fermiamo questo declino, ci ritroveremo in una società in cui la vendetta è celebrata, la vita umana disprezzata e la legge ridotta a una flebile eco del passato.

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