Se c'è un filo logico che collega una materia come il risanamento dell'ex Ilva alla condizione in cui si trovano molte persone che non sono state pagate dal loro datore di lavoro e che chiedono di vedere riconosciuti i loro diritti ad essere sinceri, seppure mettendoci una grande buona volontà, ci sfugge. Eppure dovremmo essere abituati alla creatività della politica, che trova spazi fisici laddove non ce ne sono.
Regalone del governo ai datori di lavoro: potranno non pagare stipendi precedenti al 2020
Quindi ci sorprende poco che il governo, affidandosi ad un emendamento proposto dal relatore, Salvo Pogliese, di Fratelli d'Italia (in foto), auspichi che venga condonata tutta l'evasione retributiva fino al 2020 delle imprese con più di 15 dipendenti. Parliamo di quei contenziosi nei quali il lavoratore non pagato chiede quanto gli spetta e che trova l'opposizione del suo datore.
Ma, essendo ottimisti per costituzione, evidentemente avrà un suo perché infilare, nel decreto per l'ex Ilva, che riguarda la materia delle crisi industriali, quello che, a tutti gli effetti, sembra un regalone a chi qualcosa di non corretto ha fatto, come non pagare i dipendenti nei tempi e nei modi previsti dalle norme.
Il nodo controverso (e contestato dai sindacati, ad eccezione della Cisl, che sembra muoversi sempre più in sintonia con il governo e le sue scelte) è quello che sancisce che non saranno perseguibili le violazioni dei datori di lavoro in materia di retribuzione che sono vecchie di cinque anni, che quindi dovrebbero essere prescritte.
Con una importante specifica: la prescrizione comincia ad essere conteggiata quando ancora il rapporto di lavoro sussiste e non dopo, come accade ora. Una apparente piccola implicazione, ma che oggi mette il lavoratore al riparo da eventuali ritorsioni.
Se questo possa essere penalizzante per il lavoratore che chiede solo di essere pagato per quel che ha fatto, c'è poi da riflettere sul fatto che l'emendamento prevede che, dopo che è stata notificata al datore di lavoro l'istanza per la regolarizzazione delle sue spettanze non percepite, al dipendente sono concessi 180 giorni per fare causa.
La materia, come bene si capisce, è complessa, ma l'impressione che si coglie, leggendo le finalità e il contenuto dell'emendamento Pogliese, tutto appare meno che ai lavoratori siano stati garantiti i loro diritti, a cominciare da quello, non esplicitato, ma abbastanza palese, di potere denunciare il datore di lavoro a rapporto concluso, per evitarne le possibili ''vendette'', tradotte magari in turni non graditi.
Anche se può apparire scontato, bisogna forse sottolineare il tono entusiastico con cui le associazioni degli imprenditori ha accolto l'emendamento, parlando di ''ritrovata certezza del diritto'', come se la precedente normativa fosse per loro punitiva oltre colpe o mancanze.
''La destra vuole schiavi non lavoratori'', ha commentato la responsabile del Pd per il Lavoro, Maria Cecilia Guerra, anche perché l'emendamento non si limita a cancellare il pregresso, ponendo dei paletti temporali oggettivamente penalizzanti per chi ricorre alla magistratura, ma pure imponendo al giudice del lavoro una libertà di decisione molto inferiore rispetto al passato, dovendo, ad esempio, motivare che inequivocabilmente il diritto del lavoratore ad una giusta retribuzione sia stato calpestato.