Cultura

Viaggio nel cuore sacro e profano del cioccolato

Barbara Leone
 
Viaggio nel cuore sacro e profano del cioccolato

Oggi, 7 luglio, il mondo celebra la Giornata Mondiale del Cioccolato. Ma confinarla a una semplice ricorrenza gastronomica sarebbe un'offesa alla sua natura più recondita, un tentativo goffo di contenere in una definizione ciò che, in verità, dimora nell'universo dei sensi, delle attese sospese, dei desideri inconfessati. Perché il cioccolato non è affatto un semplice cibo; è un archetipo, una promessa sussurrata, una tentazione ancestrale che ha attraversato i secoli mutando volto – ora sacro e liturgico, ora sfacciatamente carnale – ma restando sempre fedele alla sua vocazione più intima.

Viaggio nel cuore sacro e profano del cioccolato

Non si mangia distrattamente: si sfiora, si contempla, si desidera. La sua dolcezza, mai innocente, accoglie e scompiglia l'anima, consola le malinconie e seduce le volontà. È un conforto per chi cerca rifugio, ma anche una lusinga per chi ama cedere all'abbandono. Più che un alimento, rappresenta un linguaggio segreto, un palinsesto sensoriale che parla all'anima ben prima di toccare il palato. Soprattutto, è un rituale.

Com’è noto, le radici di questa sua ambivalente sacralità affondano nelle civiltà precolombiane. Gli antichi Maya ne facevano il xocolatl, una bevanda amara e speziata riservata a sacerdoti e guerrieri, consumata in cerimonie che univano il fragore della guerra alla fertilità della terra, il sangue alla linfa vitale. L'eco di questa ambiguità non si è mai sopita. Quando Hernán Cortés lo introdusse in Europa nel XVI secolo, la nobiltà spagnola ne percepì subito l'aura di elisir proibito, qualcosa da celare dietro pesanti tende damascate, con la stessa discrezione riservata alle relazioni clandestine. Nel Settecento francese, divenne la bevanda prediletta di Madame du Barry, favorita del re Luigi XV, che ne faceva uso prima degli incontri notturni, convinta delle sue virtù afrodisiache.

Pare che persino l'irrequieto Casanova lo prediligesse al vino per i suoi "impegni" più delicati, considerandolo un alleato più affidabile del rosolio. C'è poi un aneddoto poco conosciuto nella corrispondenza tra Gabriele D'Annunzio e Luisa Baccara. In una lettera del 1923, il Vate scrisse alla pianista che lo stregò: "La tua bocca, quand'è dolce di Sacher, è più letale del mio Verlaine caricato a palla". Un'affermazione che, nella sua audace metafora, suggerisce un'eloquenza del gusto capace di disarmare ben più di un verso carico di intenti. Letterariamente, il cioccolato si è affermato come un tropo sensoriale, un invito sottile alla trasgressione.

Pensiamo a Chocolat di Joanne Harris, romanzo poi divenuto celebre film con Juliette Binoche e Johnny Depp. La sua trama, dietro l'apparenza zuccherina, cela una ribellione quasi pagana al moralismo clericale, dove il cioccolato non è mero alimento, ma veicolo di libertà, eros e disvelamento. La storia la conosciamo tutti: la protagonista, Vianne Rocher, apre una cioccolateria proprio durante la Quaresima, rompendo ogni tabù e risvegliando, a colpi di ganache e praline, i desideri sopiti di un intero villaggio. Quadratino dopo quadratino, la cioccolata diviene il peccato originale o la redenzione, a seconda dei punti di vista. Harris pare sussurrarci: "Non è il peccato il vero pericolo, ma l'assenza di desiderio".

Anche nell'apparente innocenza de La Fabbrica di Cioccolato di Roald Dahl, si nasconde una tensione sotterranea tra innocenza e trasgressione. Willy Wonka, con il suo cappello da alchimista e le stanze segrete, emerge come un Dioniso del cacao, un pifferaio magico che guida i bambini verso le loro ossessioni – gola, vanità, avidità – con un'inevitabile, amara punizione. Persino Samuel Beckett, emblema dell'assurdo e dell'esistenzialismo in penombra, ebbe una sua liaison cioccolatiera. In un'intervista del 1962, confessò di tenere sempre nella tasca interna del cappotto una tavoletta di Chocolat Suchard Noir 70% da rompere nei momenti di silenzio troppo pesanti.

"Mi ricorda che qualcosa ha ancora senso", disse. Quel piccolo frammento di dolcezza nera lo accompagnava come una bestemmia addolcita nella vita che sprofonda nell'inutile. In musica, sebbene il cioccolato non sia sempre protagonista dichiarato, la sua sensualità risuona in molte composizioni dove il corpo è al centro. Nina Simone, con voce liquorosa, canta I want a little sugar in my bowl, e non occorre essere dei fini esegeti per intuire che lo "zucchero" invocato non sia affatto innocente. Più esplicitamente, Prince, nel suo Cream, gioca con l'ambiguità del dolce come metafora del piacere.

C'è chi ignora che Erik Satie, misantropo del gusto, pare componesse le sue Pièces froides dopo aver sciolto una compressa di cacao grezzo nel latte d'avena. Ma il caso più curioso riguarda i The Chocolate Watch Band, gruppo psichedelico americano degli anni '60, che nel nome stesso dichiaravano la loro filosofia: mescolare il cioccolato con la paranoia acida della controcultura, producendo suoni densi, gorgoglianti, quasi masticabili. Nell'arte figurativa, il cioccolato è stato una musa ispiratrice.

Salvador Dalí dipinse una Venere di Cioccolato fondente e sensuale, mentre Paul Cézanne lo nascose tra le sue nature morte, come simbolo di decadenza e desiderio. Più di recente, Vik Muniz ha realizzato ritratti usando cioccolato liquido come medium, tra cui la celebre Medusa Meringata, dove il confine tra arte e pasticceria si fonde in un gioco di piaceri visuali e gustativi. E c'è chi non sa che Gustav Klimt, durante la genesi del suo celebre Ritratto di Adele Bloch-Bauer, facesse recapitare quotidianamente una scatola di cioccolatini speziati alla modella. "È l'unico modo per ottenere quel brillìo languido delle pupille", scriveva all'amico Koloman Moser. E non vi è altro da aggiungere.

Non sorprende, allora, che il cioccolato sia divenuto complice di corteggiamenti e dichiarazioni d'amore. Offrirlo equivale, da secoli, a inviare un biglietto profumato e silenzioso: "Ti desidero". Perché è inutile negarlo: c'è qualcosa di sensualmente sovversivo nel gesto di porgere una pralina all'altro, osservando il momento in cui si scioglie tra le labbra, quasi fosse un preludio a qualcosa di più.

Non a caso l'antropologa Kate Fox, in uno studio sul comportamento britannico, ha sottolineato come il cioccolato venga percepito più intensamente del bacio, "perché non delude mai" (sottotesto: al contrario di molti partner). C’è poi la chimica: il corpo reagisce, scatenando la produzione di serotonina, ossitocina, endorfine e chi più ne ha più metta: il risultato è che non siamo lontani dall’effetto innamoramento, se non addirittura dell'orgasmo.

E difatti le pubblicità, fin dagli anni '50, hanno colto questo legame intrinseco: corpi femminili che mordono con labbra rosse una tavoletta spezzata, voci sussurrate che parlano di piaceri proibiti, modelli che chiudono gli occhi in estasi gustativa. Il cioccolato, nel nostro immaginario collettivo, è un invito a lasciarsi andare. Anzi: a cadere. E non è un caso che Histoire d'O, il romanzo erotico pubblicato sotto pseudonimo da Dominique Aury, avesse proprio il sapore denso e indefinibile di una ganache alla cannella. Aury, donna coltissima e traduttrice di Poe, scrisse quel testo per sedurre intellettualmente Jean Paulhan. Le sue parole sembrano uscite da una pralina troppo amara per non farsi ricordare.

Il cioccolato è lì, tra le righe non scritte, come suggerimento, come rito iniziatico. Ancor oggi che il cioccolato è onnipresente – industriale, vegano, equo e solidale – conserva un che di sacrale. Non il morso distratto davanti allo schermo, ma quel quadratino sciolto lentamente sul palato che in silenzio ci coccola come i più preziosi ricordi d'amore.

È forse per questo che i cioccolatini vengono incartati come gioielli. Perché il cioccolato, nel suo fondo oscuro e seducente, contiene la promessa di un altrove: è l'amante che non chiede nulla, l'estasi che non pretende un nome, la carezza che si può sempre concedere anche solo con un gesto sfiorato. E allora, in questo 7 luglio di metà estate, festeggiamo senza moralismi il nostro amato cioccolato. Offriamolo, riceviamolo, godiamolo come si fa con tutto ciò che è, insieme, cultura e corpo, arte e pelle. E se dietro un cioccolatino si nasconde un invito, che sia sussurrato. In fondo, è così che iniziano tutte le grandi storie d’amore.

  • BPM Milano
  • villa mafalda 300x600
  • Poste Italiane giugno 2025
  • Enel Prima Vera - Rata Vera
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
Rimani sempre aggiornato sulle notizie di tuo interesse iscrivendoti alla nostra Newsletter
Notizie dello stesso argomento
Viaggio nel cuore sacro e profano del cioccolato
07/07/2025
Barbara Leone
Viaggio nel cuore sacro e profano del cioccolato
Alle Gallerie d’Italia – Milano, Museo di Intesa Sanpaolo, tutti pazzi per i Beatles
05/07/2025
Samantha De Martin
Alle Gallerie d’Italia – Milano, Museo di Intesa Sanpaolo, tutti pazzi per i Beatles
Premio Strega, trionfa Andrea Bajani
04/07/2025
Redazione
Premio Strega, trionfa Andrea Bajani
LTM cambia il volto del Caracalla Festival 2025 per il Teatro dell'Opera di Roma con una nuova campagna
04/07/2025
Redazione
LTM cambia il volto del Caracalla Festival 2025 per il Teatro dell'Opera di Roma con una n...