Confermato: il prossimo governo tedesco avrà una notevole “potenza di fuoco” fiscale
L’ingente pacchetto fiscale della Germania è stato ora approvato dai legislatori. La forte espansione della spesa finanziata con debito era stata annunciata all'inizio del mese.
Per riassumere, il pacchetto si basa su tre pilastri:
- Creazione di un fondo infrastrutturale da 500 miliardi di euro al di fuori del bilancio ordinario per investimenti aggiuntivi. Di questi, 100 miliardi saranno immediatamente destinati al Fondo per la Transizione Climatica (KTF). I restanti 300 miliardi andranno al governo federale e 100 miliardi ai governi statali.
- Esenzione della spesa per la difesa sopra l’1% del PIL dal freno costituzionale al debito, che limita il deficit strutturale allo 0,35% del PIL. In pratica, la difesa potrà essere finanziata tramite debito senza un tetto legale sul rapporto spesa/PIL, attualmente pari a circa il 2%.
- Riforma della regola sul debito regionale, che consentirà ai governi federali di avere deficit fino allo 0,35% del PIL ciclicamente aggiustato, in linea con il limite di indebitamento attuale del governo federale.
Dopo le elezioni del 23 febbraio, il processo è avanzato rapidamente. La maggioranza dei due terzi necessaria per modificare il freno costituzionale al debito sarebbe stata difficile da ottenere nel nuovo parlamento, quindi il pacchetto è stato approvato in fretta dall’assemblea uscente.
Sebbene l’espansione fiscale sia ora definita, i dettagli verranno determinati nel prossimo parlamento. L'attenzione si concentra ora sui negoziati di formazione del governo tra CDU/CSU e SPD. Restano alcuni punti critici, specialmente su immigrazione, welfare e riforma fiscale, ma i partiti hanno indicato l’obiettivo di raggiungere un accordo entro Pasqua (metà aprile).
L’auspicio è che il bilancio 2025 possa essere approvato entro l'inizio di luglio, prima della pausa estiva del Bundestag. Sebbene la modifica del freno costituzionale al debito abbia richiesto una maggioranza qualificata, le decisioni di spesa specifiche potranno essere approvate con una maggioranza semplice. Finora, CDU/CSU e SPD hanno indicato solo un generico intento di investire in trasporti, energia, infrastrutture sanitarie, ricerca e sviluppo e digitalizzazione. Non vi è alcun dettaglio su tempistiche e allocazioni.
Fondi sbloccati, ma tempistiche incerte
Le prospettive di crescita a breve termine dipendono dalla velocità con cui l’urgenza che ha portato all'approvazione del pacchetto si tradurrà nella sua attuazione effettiva.
La bozza di legge afferma che un “aumento lento e incrementale dei finanziamenti [militari] non è sufficiente”. Riteniamo che lo stesso valga per gli investimenti in conto capitale, considerata la prolungata stagnazione dell’industria tedesca. L’atteggiamento proattivo del cancelliere in pectore Merz è incoraggiante e crediamo che il nuovo governo sarà consapevole dell’inattività politica della precedente amministrazione.
Per quanto riguarda la spesa per la difesa, non è chiaro quale sia l'obiettivo finale in termini di quota del PIL o la tempistica per raggiungerlo. Non sappiamo se la priorità sia aumentare rapidamente la capacità militare (comportando un'alta quota di importazioni) o sviluppare la produzione interna (processo più graduale). Le notizie secondo cui l'UE potrebbe escludere Stati Uniti, Regno Unito e Turchia dal proprio fondo di riarmo suggeriscono che potrebbe prevalere quest'ultima opzione. In ogni caso, non prevediamo un impatto significativo sulla crescita a breve termine, ma nel lungo periodo potrebbero esserci effetti positivi sul settore industriale se la produzione interna aumentasse in modo significativo.
Un boost immediato alla fiducia
Al di là dei dettagli, è probabile che si registri un significativo e immediato aumento della fiducia. Si tratta di un cambiamento epocale nella politica fiscale tedesca, che rappresenta un forte shock positivo della domanda. MUFG si attende inoltre che le imprese reagiscano favorevolmente alle dichiarazioni del prossimo governo in merito a riforme strutturali volte a ridurre la burocrazia, così come al generale aumento di stabilità che appare probabile dopo l’esperienza della precedente, complessa coalizione a tre partiti. Già si osservano segnali di un miglioramento del sentiment: a marzo, l’indice ZEW sulle aspettative è balzato al livello più alto degli ultimi tre anni.
Sul fronte della crescita, il focus sugli investimenti infrastrutturali – invece che sulla spesa corrente – è positivo sia per gli effetti nel breve periodo (i fondi vanno spesi a livello domestico e non possono essere risparmiati), sia per il potenziale di crescita nel lungo termine.
Detto ciò, MUFG sta rivedendo leggermente al ribasso le proprie stime iniziali – indicativamente un impatto di +0,8 punti percentuali sulla crescita del 2026 – alla luce di alcune modifiche rispetto all’annuncio originario. Il fondo infrastrutturale da 500 miliardi di euro sarà distribuito su 12 anni, non su 10 come inizialmente previsto. Inoltre, il disegno di legge specifica che il periodo riguarda l’approvazione degli investimenti, il che implica che i fondi potranno essere erogati anche oltre il termine dei 12 anni. Tutto ciò suggerisce una distribuzione della spesa più graduale.
Come previsione indicativa, MUFG stima ora una crescita dell’1,7% nel 2026, in rialzo rispetto all’1,1% delle previsioni pubblicate a gennaio.
Rischi tariffari all’orizzonte
I rischi sulle stime di MUFG restano chiaramente sbilanciati verso il basso. L’annuncio imminente da parte dell’amministrazione statunitense di nuovi dazi “reciproci” (atteso per il 2 aprile) pesa sull’economia europea. Il rischio è che le tariffe riflettano un’ampia gamma di misure – forse includendo anche l’IVA, che l’amministrazione USA sembrerebbe considerare simile a un dazio – imposte da altri Paesi, caso per caso. L’UE, con il suo consistente surplus commerciale di beni verso gli Stati Uniti, appare come uno dei bersagli più probabili.
Come già sottolineato lo scorso autunno, resta elevato il timore di effetti di secondo livello sul mercato del lavoro. Di fronte alle difficoltà nel reperire lavoratori qualificati, molte imprese manifatturiere tedesche hanno “trattenuto” personale, evitando i licenziamenti nella speranza di una ripresa della domanda. I dazi di Trump potrebbero essere il fattore scatenante che spingerebbe molte aziende a procedere con i tagli, rischiando di innescare un rallentamento più marcato dell’economia.
A ciò si aggiungono crescenti preoccupazioni sullo stato di salute dell’economia statunitense, che potrebbero pesare sulla domanda estera europea anche a prescindere dalle politiche commerciali. La crescita dei consumi negli USA mostra segnali di debolezza già all’inizio dell’anno, prima ancora di un eventuale aumento dell’inflazione legato ai dazi. Al tempo stesso, l’incertezza attorno alle politiche commerciali, migratorie e fiscali continua a rappresentare un freno agli investimenti fissi e all’occupazione.
Gli ostacoli esterni non mancano. L’ampliamento del margine fiscale della Germania rende però il quadro prospettico più bilanciato. È plausibile immaginare che, in caso di shock negativi come un’escalation della guerra commerciale USA-UE, la nuova spesa venga accelerata o riorientata.