Da oggi gli appartenenti a quella categoria indefinita che si usa chiamare ceto medio, e che il governo dice di avere sempre in cima alla sua attenzione, devono essere contenti. Perché la Finanziaria è stata pensata appunto per andare incontro alle esigenze di quella porzione di italiani che, come li avrebbe descritti il Virgilio di Dante, ''son sospesi'', trovandosi , dal punto di vita solo economico, tra i ricchi/ricchi e i meno abbienti, i poveri, i fragili, chiamateli come volete.
Finanziaria 2025, il ceto medio starà meglio?
Almeno questa è la visione che ne ha dato il Governo, come, per ultimo, ha detto e ripetuto il ministro degli Esteri Tajani, capo di Forza Italia, che crediamo faccia esibizione di ottimismo in pubblico, mentre forse in privato qualche perplessità l'abbia ancora sul contenuto del documento contabile per antonomasia.
Sarà anche così, ovvero sarà anche che il governo ritenga di avere regalato all'Italia una finanziaria di ampio respiro, ma soprattutto pensata per dare ad una vasta porzione del Paese risposte efficaci e puntali.
Ma è veramente così? È, cioè, vero che da oggi il ceto media possa guardare con fiducia al futuro, sol perché, ad esempio, come il sarto nella sua bottega, l'esecutivo ha deciso di dare, con un colpo di forbice, una scorciata all'Irpef, che si tradurrà nel solito piatto di lenticchie?
Questo Paese ha bisogno di altro, di ben altro e lo diciamo, non da ora, pur nella piena consapevolezza che i conti pubblici sono quelli che sono e - sebbene più in ordine di quelli di prima dell'insediamento di questo Governo - che non di può fare molto di più. Ma almeno, questo lo si deve reclamare, che non ci si faccia un quadro del Paese da caramelle e canditi, da auto che sfrecciano nei cieli e vino che sgorga dalle fontanelle.
La situazione che viviamo è terribilmente seria e forse dal Governo e dai massimi rappresentanti della maggioranza che lo sostiene dovremmo pretendere chiarezza. Una parola che si traduce nel non cercare di ammannirci una rappresentazione dell'Italia lontana dalla realtà fattuale, alzando la classica cortina di fumo davanti ai problemi del Paese, che sono economici innanzitutto, ma anche potenzialmente deflagranti sul versante sociale, dove continuano ad esistere senza che all'orizzonte vengano prospettate le necessarie soluzioni.
La sanità pubblica mostra i segni di un ritardo spaventoso rispetto al quadro idilliaco che era stato promesso sarebbe divenuto realtà nel momento della nascita del governo Meloni. Ma se i soldi mancano è difficile accorciale le attese per le visite, rafforzare gli organici ed evitare al personale di andare fuori giri o, peggio, di essere picchiato da qualche esasperato, ma pur sempre criminale.
Eppure ci dicono che il ceto medio, con la Finanziaria, starà meglio. Forse non bene, ma certamente meglio.
Che lo si vada a dire ai genitori dei ragazzini delle scuole medie che devono acquistare i libri tirando fuori centinaia di euro, magari sottraendoli a spese forse più importanti per vedersi poi consegnato un buono che non arriva nemmeno a coprire un quarto della spesa. Che lo si vada a dire a chi rinuncia alle cure mediche non coperte dal sistema sanitario nazionale non per scelta, ma proprio perché di soldi non ne ha e preferisce spendere i pochi di cui dispone per comprare del cibo.
E non parliamo dell'emergenza casa, delle preoccupazione per le sacche di disoccupazione giovanile e quindi dell'esodo dei migliori dei nostri ragazzi verso l'estero, delle bombe ad orologeria legati al degrado delle periferie e potremmo andare avanti ancora.
La situazione cui siamo costretti a vivere ci ricorda una bella idea di Clint Eastwood che, parlando di uno dei capitoli più sanguinosi della seconda guerra mondiale combattuta nel Pacifico, ha voluto fare due distinti film, ''Flags of Our Fathers'' e ''Lettera da Iwo Jima'', parlando di uno stesso evento, ma guardandolo con gli occhi dei vincitori (i marines) e dei vinti (il contingente giapponese), entrambi convinti di vedere loro, e solo loro, la realtà, che spesso è solo negli occhi e non nei fatti.
Molto più modestamente, pensiamo che sarebbe meglio dire agli italiani le cose come stanno e lavorare per risolvere i problemi. La pressione fiscale è quella e togliere pochi punti percentuali alla tassazione non risolve i problemi del Paese e , men che meno, degli italiani.