Evidentemente al percorso di redenzione che Andrea Cavallari, detenuto, diceva di avere imboccato hanno creduto tutti, a cominciare dal giudice di sorveglianza che non solo gli ha concesso di andare a discutere la tesi di laurea, ma ha anche ritenuto che, massì, in fondo è un bravo ragazzo, non c'era bisogno che fosse controllato dalla polizia penitenziaria, come è consuetudine.
Evaso dopo avere discusso la laurea: che razza di giustizia è questa?
Quindi, dopo la discussione della laurea ed essere rimasto a parlottare con la fidanzata, Andrea Cavallari ha ritenuto fosse giunto il momento di ripagare la fiducia che gli era stata accordata scappando, fuggendo, insomma una vera e propria evasione.
Ah, dimenticavamo: il ragazzo in questione è stato condannato a undici anni e dieci mesi di reclusione per avere fato parte della banda di idioti e criminali che, nel dicembre del 2018, spruzzò, in una discoteca di Corinaldo, dove si sarebbe dovuto esibire Sfera Ebbasta, dello spay al peperoncino per compiere delle rapine approfittando della confusione. Solo che nella ressa, dentro e fuori la discoteca, cinque ragazzi e una donna di 39 anni morirono.
E' nella natura dell'essere umano cercare di uscire da uno stato di imposta reclusione, quindi è abbastanza comprensibile che, quando ne ha avuto l'occasione, Cavallari è scappato, dovendo scontare poco meno della metà della pena. Qui non discutiamo di quello che il colto definirebbe l'anelito alla libertà, ma delle condizioni che hanno spianato a lui la strada verso la fuga.
Non sappiamo quanto durerà la fuga di Cavallari e se, una volta messa da parte la scarica di adrenalina, torni alla ragionevolezza e si costituisca.
Ma di certo questo è l'ennesimo caso di una amministrazione della Giustizia che ci lascia perplessi, perché, al di là della ''redenzione'' mostrata dal detenuto, c'è l'evidenza del reato di cui si è macchiato e il fatto, denunciato dai parenti delle vittime della tragedia di Corinaldo, che non ha abbia mostrato segni di pentimento, oltre al ravvedimento esibito.
Cosa abbia spinto, quindi, il magistrato a dare fiducia a Cavallari è riconducibile al comportamento tenuto in carcere dal detenuto e alle relazioni che gli sono state trasmesse. Ma, davanti ad un fatto gravissimo, come quello costato il carcere a Cavallari, era proprio necessario concedergli fiducia?
E' una domanda alla quale è difficile rispondere e c'è da stare certi che il giudice di sorveglianza abbia tenuto conto di ogni elemento utile alla sua decisione, magari anche qualche relazioni di psicologi o altri ''specialisti''.
Ma dargli la possibilità di discutere la laurea dentro un'aula universitaria non bastava? Era proprio necessario decidere di non farlo seguire, come si fa in casi del genere, dalla polizia penitenziaria?
Tacendo poi della circostanza che dell'evasione ci si è resi conto solo allo scadere del termine entro cui Cavallari doveva tornare in carcere, di fatto concedendogli la bellezza di dodici ore per fuggire chissà dove.
Ora il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria vuole vederci chiaro ed ha chiesto che, su quanto accaduto, gli si consegni una relazione. Ma ormai i buoni sono belli e fuggiti dalla stalla.