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Esplosione a Roma: un "incidente" o l'ennesima tragedia annunciata?

Diego Minuti
 
Esplosione a Roma: un 'incidente' o l'ennesima tragedia annunciata?

E, per favore, smettiamola di chiamarli incidenti. Perché quanto accaduto in queste ore a Roma, che sarà classificato come un incidente, avendone le caratteristiche ufficiali (lo diranno le perizie e l'esito dell'inchiesta giudiziaria) , è la conseguenza di anni e anni di cattiva gestione della sicurezza, quella alla luce della quale un impianto, come questo saltato in aria nel quartiere Prenestino, da molto tempo non doveva essere lì, non avrebbe dovuto avere la possibilità di esistere e operare nel cuore di un tessuto fortemente urbanizzato.

Esplosione a Roma: un "incidente" o l'ennesima tragedia annunciata?

Quell'impianto, la cui data di inizio di attività risale a chissà quando, era una bomba a tempo piazzata nel cuore di un quartiere, tra strade ad alta percorrenza (come lo sono quelle dei quartieri della Capitale), palazzi, spazi verdi, scuole, impianti sportivi. Se oggi il bilancio è di una trentina di feriti - alcuni dei quali in condizioni gravi a causa soprattutto di ustioni - c'è da restare inorriditi al pensiero di quel che sarebbe potuto accadere se l'esplosione si fosse verificata appena poco tempo dopo, quando la piscina di un vicino impianto sportivo avrebbe vissuto l'allegra confusione di decine di bambini in acqua a giocare e a cercare di sfuggire alla canicola.

Una piscina che, a guardarla oggi, ripropone immagini che sembrano arrivare da luoghi lontani, dove a dominare è il rumore delle bombe e il fischio dei missili che piombano sul bersaglio.

Ora è una corsa a dirsi addolorati per l'accaduto, ad esprimere solidarietà ai feriti e a coloro che hanno subito danni, a dire che la macchina della solidarietà è già partita. Ma non è l'oggi che deve attirare la nostra attenzione, ma è quel che è accaduto ieri, quel che doveva essere fatto ben prima e invece non lo è stato.

Diamo per scontato che i controlli sulla sicurezza dell'impianto sono stati fatti in modo rigoroso e rispettando la tempistica che si applica in materia. Ma la domanda che vogliamo fare (e non sappiamo chi ad essa dovrebbe rispondere) è se quell'impianto doveva essere ancora lì, se la distribuzione di un materiale pericoloso (ancorché conosciuto nei suoi potenziali pericoli, nel caso di incidente come il gpl) poteva essere ancora consentita nel cuore di un quartiere.

Certo, si potrà dire che sino a ieri tutti gli standard più alti di prevenzione del pericolo sono stati rispettati, ma è l'oggi a dettare le nostre considerazioni. Vedere una porzione del nostro Paese quasi rasa al suono per l'ennesimo incidente è l'immagine di come troppo spesso l'acquiescenza domini sulla ragionevolezza. Si dirà che ci devono essere motivi ben seri per imporre lo spostamento di un impianto come quello del Prenestino in una zona meno abitata, ma chi ha il coraggio di sostenere questa tesi davanti alle macerie di oggi?

Saranno anche misure impopolari, che magari minano la base elettorale di questo o quell'altro, ma di tanto in tanto questo Paese, questa Italia vorrebbero essere testimoni di un atto di coraggio, magari per evitare che, come oggi, ci si dica fortunati per il solo fatto che al Prenestino non si contino molti morti.

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