Economia

Energia, l’extracosto che soffoca le piccole imprese, oltre 5,4 miliardi in più solo nel 2025

Redazione
 
Energia, l’extracosto che soffoca le piccole imprese, oltre 5,4 miliardi in più solo nel 2025

Il motore della manifattura italiana continua a girare, ma a velocità ridotta. E una delle zavorre più pesanti resta il costo dell’energia elettrica, che nel 2025 colpisce con particolare durezza le micro e piccole imprese, pilastro della seconda potenza manifatturiera europea. Il nuovo focus elaborato da Confartigianato nell’ambito del 20° Rapporto annuale “Galassia Impresa” descrive una situazione particolare, nello specifico, tra accise, oneri e prezzi più elevati rispetto alla media dell’Unione Europea, le MPI italiane si trovano a sostenere un extraburden complessivo di 5,4 miliardi di euro.

Energia, l’extracosto che soffoca le piccole imprese, oltre 5,4 miliardi in più solo nel 2025

Un divario che incide sulla competitività delle filiere, rallenta gli investimenti e contribuisce alla frenata del PIL prevista dall’Autumn Economic Forecast della Commissione europea: +0,8% nel 2026 e nel 2027, la crescita più bassa fra i 27.

La denuncia è arrivata con forza dal Presidente di Confartigianato, Marco Granelli, che ha ribadito come sia necessario “ristabilire equilibrio ed equità nel costo dell’energia pagato dalle imprese”, facendo presente che le piccole realtà produttive non possono continuare a essere trattate come un “bancomat”. Perché i numeri non lasciano spazio a interpretazioni. Infatti nel primo semestre 2025 il prezzo dell’elettricità pagato dalle imprese con consumi fino a 2.000 MWh ha raggiunto i 28,46 centesimi per kWh, il 24,3% in più rispetto alla media europea. È il valore più alto tra le prime dieci economie manifatturiere dell’UE.

Applicando il differenziale di costo alle rispettive classi di consumo
, emerge una mappa dettagliata dell’impatto territoriale. La Lombardia guida la classifica con un extraburden di 1.021 milioni di euro (18,9% del totale), seguita da Veneto (563 milioni) ed Emilia-Romagna (496 milioni). Particolarmente rilevante il dato pugliese: 410 milioni di euro, pari allo 0,47% del PIL regionale, il terzo valore più elevato in rapporto alla ricchezza prodotta.

A livello provinciale, l’incidenza diventa ancora più evidente: Brescia registra 192 milioni di euro di extracosti, Milano 177, Napoli 155. A Taranto l’impatto raggiunge una soglia record, 144 milioni, pari all’1,18% del PIL provinciale, il peso relativo più alto d’Italia. Seguono Bergamo (143 milioni), Torino (129), Verona (119), Vicenza e Treviso, entrambe con 100 milioni di euro.

Le imprese più piccole restano le più penalizzate. Quelle con consumi inferiori a 20 MWh pagano un prezzo dell’energia superiore del 34,5% rispetto alla media UE, per un extraburden complessivo di 2,49 miliardi. Il paradosso sta nella struttura del prelievo, infatti nel primo semestre 2025 accise e oneri sul costo dell’elettricità per le MPI italiane superano del 68% la media europea, con un divario che arriva al 92,5% per i consumi più bassi. In Italia il carico fiscale della prima classe di consumo è 17,9 volte superiore rispetto a quello delle imprese con consumi oltre i 150.000 MWh, contro un rapporto di 4 volte nell’UE. Un sistema che finisce per premiare i grandi player e disincentivare la crescita dei piccoli.

Il contesto internazionale rende il quadro ancora più contraddittorio. Tra gennaio e giugno 2025, i prezzi del petrolio e del gas all’import hanno praticamente azzerato la bolla innescata dalla crisi energetica, attestandosi appena il 2,2% sopra i livelli del 2021. Anche il PUN, il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica, risulta inferiore del 4,5% rispetto al periodo pre-crisi. Eppure, nonostante la normalizzazione delle commodities, il prezzo pagato dalle MPI resta superiore del 36,8% rispetto al 2021. Una “coda lunga” della crisi energetica che continua a comprimere i margini aziendali e a frenare la capacità di investimento in tecnologie, innovazione e sostenibilità.

Il risultato è un circolo vizioso che rischia di riflettersi sull’intera economia nazionale, già attesa a una crescita modesta nei prossimi due anni. Senza interventi strutturali, dalla revisione degli oneri di sistema alla definizione di un mercato più competitivo e trasparente, l’extracosto energetico rischia di diventare una delle principali zavorre alla produttività del Paese. E per un tessuto imprenditoriale composto per il 98% da micro e piccole imprese, il tempo per intervenire si sta riducendo rapidamente.

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