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Sequestrati due edifici per irregolarità: dopo la Milano da bere, c'è quella da fregare

Redazione
 
Sequestrati due edifici per irregolarità: dopo la Milano da bere, c'è quella da fregare

La motivazione con cui la procura di Milano ha deciso di chiedere il sequestro di due edifici, nel cuore di Brera, destinati ad ospitare appartamenti di lusso, è, contemporaneamente, uno schiaffo alla credibilità di una città e a quella categoria di professionisti che, pur di raggiungere il loro obiettivo (fare soldi), si attribuiscono la possibilità di modificare il senso delle parole, aggiustandole in modo tale da consentire di fare a pezzi leggi e regolamenti.

Sequestrati due edifici per irregolarità: dopo la Milano da bere, c'è quella da fregare

I due edifici in questione, quelli della Torre 'Unico-Brera', si compongono di quattro e undici piani (con tre piani interrati di box) e, una volta ultimati, sarebbero stati messi in vendita a prezzi di mercato che sono corrispondenti al prestigio della zona, con un monolocale che sarebbe stato venduto a 700 mila euro.

La Torre si trova dove, fino al 2016, c'erano antichi immobili (risalenti al Settecento) che, un tempo destinati a case popolari, furono demoliti nove anni fa, con la motivazione di una sopravvenuta ''somma urgenza''.
Dove è intervenuta la ''scure'' della magistratura? Essenzialmente sul fatto che gli immobili in questione non sono stati conseguenza di una ristrutturazione (che necessita solo di una comunicazione di avvio dei relativi lavori, la cosiddetta Scia), ma costituiscono di fatto di costruzione ex novo - che ha creato forti malumori nel quartiere -, che, per questo, deve seguire un complesso iter amministrativo, (dovendo passare al vaglio degli uffici del Comune).

La decisione di aggirare le regolamenti sarebbe stata mascherata, ad avviso del Gip, con un artificio semantico, con i nuovi progetti che ''omettevano volutamente di calcolare i volumi generati, limitandosi al rispetto della superficie lorda di pavimento (misurata in metri quadrati e non cubi). Richiesto di chiarire questo specifico aspetto, il progettista Marco Emilio Maria Cerri dichiarava che 'a Milano si usa il termine' volumetria per indicare la superficie lorda di pavimento''.

Su questo il giudizio del Gip è tagliente: ''Cerri decideva di stravolgere a suo uso e consumo il significato letterale di un termine della lingua italiana per attribuirgliene uno tutto suo e in voga (non si sa bene perché e con quali basi) presso gli uffici tecnici milanesi. Il tutto, peraltro, smentito dalla stessa documentazione acquisita il 19 marzo 2025, laddove emerge che il progettista prima di lui aveva eccome calcolato i nuovi volumi, assieme (e non alternativamente) alla superficie lorda di pavimento (che ha la ben diversa funzione di individuare le aree abitabili, a scopi commerciali, e non di quantificare gli ingombri volumetrici dell'immobile cui si riferisce)''.

Sul registro degli indagati sono finiti in 27, tra progettisti (Cerri), proprietari (Carlo e Stefano Rusconi), componenti della Commissione Paesaggio del Comune nei periodi in cui l'organismo ha emesso pareri.

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