Ambiente & Sostenibilità

Dissesto idrogeologico, ISPRA: a rischio il 23% del territorio italiano, frane in aumento del 15%, coinvolti 6 milioni di cittadini

Redazione
 
Dissesto idrogeologico, ISPRA: a rischio il 23% del territorio italiano, frane in aumento del 15%, coinvolti 6 milioni di cittadini

Nel giro di appena tre anni, l’Italia ha visto aumentare sensibilmente la porzione di suolo classificata a rischio frana. Secondo l’ultimo rapporto ISPRA sul dissesto idrogeologico, presentato questa mattina a Roma nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, la superficie soggetta a potenziale instabilità è cresciuta del 15%, passando dai 55.400 km² rilevati nel 2021 agli attuali 69.500 km² del 2024.

Dissesto idrogeologico, ISPRA: a rischio il 23% del territorio italiano

Un dato allarmante, che equivale al 23% dell’intero territorio nazionale. Dietro questo balzo in avanti non si cela un improvviso peggioramento delle condizioni geologiche, ma un affinamento delle tecniche di rilevamento da parte delle Autorità di bacino distrettuali e delle Province autonome, che hanno restituito una mappa del rischio più dettagliata e realistica. Tuttavia, resta il fatto che la vulnerabilità del Paese è ampia e diffusa. Le aree classificate con pericolosità elevata e molto elevata (P3 e P4) sono salite dall’8,7% al 9,5% del suolo nazionale.

Tra le zone dove l’incremento di rischio è stato più marcato spicca la Provincia Autonoma di Bolzano, con un aumento del 61,2%, seguita dalla Toscana (+52,8%), dalla Sardegna (+29,4%) e dalla Sicilia (+20,2%). Non si tratta di fenomeni isolati o sporadici: oggi il 94,5% dei comuni italiani è esposto a frane, alluvioni, valanghe o fenomeni di erosione costiera. Praticamente, il dissesto è diventato la norma. Il triennio preso in esame dal dossier – 2022-2024 – è stato segnato da una serie di eventi meteorologici intensi, che hanno messo in ginocchio intere comunità. Dalle devastanti esondazioni nelle Marche nel settembre 2022, alle tragiche colate di fango che hanno colpito Ischia a novembre dello stesso anno, provocando la morte di 12 persone.

Poi è stata la volta dell’Emilia-Romagna, travolta nel maggio 2023 da un’alluvione che ha causato danni stimati in 8,6 miliardi di euro. Infine, le piogge torrenziali che nel giugno 2024 hanno flagellato Valle d’Aosta e Piemonte settentrionale, generando nuove colate e esondazioni. Tutti episodi che confermano quanto l’effetto domino del cambiamento climatico – con precipitazioni sempre più violente e concentrate – stia modificando radicalmente la geografia del rischio idrogeologico in Italia. Le frane superficiali, le colate rapide e le “flash flood” (piene improvvise e incontrollabili) sono ormai fenomeni frequenti anche in aree tradizionalmente meno esposte.

Nel censimento aggiornato dei fenomeni franosi in Italia (progetto IFFI), ISPRA segnala oltre 636.000 frane registrate su scala nazionale. Si tratta del numero più alto d’Europa. E non è solo la quantità a preoccupare, ma anche la qualità del rischio: circa il 28% di questi eventi ha una dinamica particolarmente rapida e distruttiva, con conseguenze che includono spesso la perdita di vite umane. Attualmente quasi sei milioni di italiani vivono in aree potenzialmente esposte a frane. Di questi, oltre 1,28 milioni risiedono in zone classificate con i massimi livelli di pericolosità (P3 e P4). A essere coinvolti, oltre ai cittadini, ci sono anche 742.000 edifici, 582.000 nuclei familiari, circa 75.000 imprese locali e oltre 14.000 beni culturali. È il patrimonio umano, produttivo e artistico dell’Italia ad essere in bilico. Il Rapporto ISPRA non si limita a monitorare il rischio frana, ma fotografa in modo più ampio il dissesto idrogeologico nazionale.

Sul fronte delle alluvioni, il terzo ciclo della Direttiva Alluvioni (2022-2027) punta ad aggiornare entro il 2026 le mappe di pericolosità e rischio, cercando di migliorare la prevenzione. Per quanto riguarda le coste, dopo anni di regressione, si registra una lieve inversione di tendenza: tra il 2006 e il 2020, su 1.890 km di spiagge che hanno subito modifiche superiori ai 5 metri, i tratti in avanzamento (965 km) superano per la prima volta quelli in erosione (934 km). Una differenza di circa 30 chilometri che, seppur modesta, è incoraggiante. Dietro questo miglioramento, c’è il lavoro continuo di ripascimento delle spiagge e la costruzione di barriere di difesa che, seppur con esiti disomogenei da regione a regione, stanno dando risultati.

Quanto al rischio valanghe, ISPRA stima che ben 9.283 km² del territorio montano sopra gli 800 metri siano potenzialmente soggetti a slavine. Grazie alla collaborazione con AINEVA, il Servizio Meteomont dei Carabinieri, le ARPA e le Regioni, per la prima volta è stata realizzata una mappatura nazionale armonizzata di queste aree, uno strumento utile per migliorare la gestione del rischio in montagna. In questo panorama allarmante, la tecnologia può rappresentare un alleato prezioso. ISPRA gestisce due piattaforme fondamentali: IdroGEO, un sistema aperto al pubblico che consente di consultare le mappe aggiornate del dissesto idrogeologico, e ReNDiS, il repertorio nazionale degli interventi finanziati per la difesa del suolo. Dal 1999 al 2024, il ReNDiS ha registrato quasi 26.000 interventi, per un valore complessivo di 19,2 miliardi di euro. Da quest’anno, inoltre, IdroGEO è stato arricchito con un assistente virtuale basato su Intelligenza Artificiale, in grado di interagire con gli utenti e fornire risposte su rischio e prevenzione.

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