L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno raggiunto un’intesa significativa sul commercio, formalizzata ieri con la pubblicazione di una dichiarazione congiunta che segue l’accordo politico siglato a fine luglio tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente Usa Donald Trump.
Dazi, niente accordo sul vino: 15% sulle esportazioni. Frescobaldi (Uiv): “Stangata per il settore”
In conferenza stampa, il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, ha espresso soddisfazione: “Sono lieto di annunciare che siamo giunti al traguardo”, ha detto sottolineando che la dichiarazione congiunta definisce la relazione commerciale e sugli investimenti tra le due sponde dell’Atlantico come “basata su equità, equilibrio e reciproci vantaggi”. Sefcovic ha voluto chiarire che il documento non rappresenta un punto di arrivo, ma piuttosto l’inizio di un percorso destinato ad ampliarsi: “Questo quadro rappresenta un primo passo, destinato a crescere nel tempo, includendo più settori, migliorando l’accesso ai mercati e rafforzando ulteriormente i nostri legami economici”.
L’impegno dei negoziatori, ha aggiunto, ha garantito stabilità e prevedibilità, elementi essenziali per le imprese: “Rafforza inoltre la nostra più ampia partnership transatlantica, più importante che mai nell'attuale contesto geopolitico complesso”. Tra i punti più rilevanti dell’accordo, vi è la conferma di un tetto massimo del 15% sui dazi statunitensi per le esportazioni Ue, riguardanti settori chiave come automobilistico, farmaceutico, semiconduttori e legname. Sefcovic ha definito il risultato come “l’accordo commerciale più favorevole che gli Stati Uniti abbiano mai concesso a un partner” e ha chiarito che il limite comprende già i dazi Mfn, ossia quelli standard previsti dall’Organizzazione mondiale del commercio: “Dove i dazi Mfn sono pari o superiori al 15%, non si applicheranno ulteriori dazi. In altre parole, l’Ue godrà di dazi effettivi notevolmente più bassi rispetto ad altri Paesi”.
Nonostante i progressi, l’accordo non copre ancora il settore delle bevande alcoliche, come vino, liquori e birra, che rimangono soggetti ai dazi Mfn. Sefcovic ha precisato: “Non siamo riusciti a includere vino, liquori e birra tra i settori coperti da soli dazi Mfn. Ma la porta non è chiusa: entrambe le parti hanno concordato di valutare altri settori in futuro, e quello delle bevande resta una priorità offensiva per l’Ue”. Il commissario ha aggiunto che ottenere esenzioni per questi prodotti “non sarà facile né immediato” e ha ribadito l’intenzione di continuare i negoziati, anche su acciaio e alluminio.
Dal fronte italiano, le associazioni di categoria manifestano preoccupazione per l’impatto dei dazi sul Made in Italy. Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, ha sottolineato: “Che vino e alcolici siano inseriti nell’elenco dei beni esentati da un dazio al 15% deve essere una priorità. Se consideriamo che l'80% del vino italiano esportato negli Usa viene acquistato nelle cantine a cinque euro, un dazio così alto unito alla svalutazione del dollaro ne porterebbe il prezzo a scaffale intorno a 20 dollari e ciò rappresenterebbe una penalizzazione eccessiva per il nostro prodotto”. Scordamaglia ha poi osservato come la Germania stia negoziando con decisione per proteggere i propri interessi in acciaio e automotive, e ha esortato la Commissione europea a dare altrettanta priorità al vino e agli alcolici italiani.
L’Osservatorio Uiv stima che le esportazioni di vino italiano verso gli Stati Uniti nel 2024 abbiano raggiunto circa 1,9 miliardi di euro, pari al 24% del totale dell’export vinicolo nazionale. Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione italiana vini (in foto), ha commentato: “Si tratta di una stangata per il settore più esposto tra le top 10 categorie italiane di prodotti destinati agli Stati Uniti, con un'incidenza al 24% sul totale export globale e un controvalore di circa 2 miliardi di euro l'anno”.
Secondo l’Osservatorio Uiv, i danni stimati per le imprese italiane potrebbero raggiungere 317 milioni di euro nei prossimi 12 mesi, mentre il mancato guadagno per i partner commerciali statunitensi arriverebbe a quasi 1,7 miliardi di dollari. Se il dollaro mantenesse il livello attuale di svalutazione, le perdite per l’Italia salirebbero a 460 milioni di euro. Frescobaldi ha aggiunto: “Sarà un secondo semestre molto difficile, pur nella speranza che nei 'tempi supplementari' le parti possano correggere il tiro”. Gli fa eco Paolo Castelletti, segretario generale Uiv, che ha evidenziato la necessità di un sostegno statale per promuovere il vino italiano: “Lo scenario è complesso e vede già nei primi cinque mesi di quest'anno un calo tendenziale dei volumi di vino esportati di quasi il 4%”, ha detto. La situazione riguarda in particolare i principali mercati statunitensi: su 482 milioni di bottiglie esportate, il 76%, pari a 366 milioni, rientra in "zona rossa", con percentuali di esposizione elevate per Moscato d’Asti, Pinot grigio, Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Prosecco, tra gli altri.
Un impatto, quello dei dazi sulle esportazioni agroalimentari italiane, che Coldiretti e Filiera Italia stimano superiore a un miliardo di euro, con olio, pasta e comparto suinicolo tra i più colpiti. Oltre agli aspetti economici, resta cruciale la questione della sicurezza alimentare: “Non possiamo accettare l’ingresso di cibi prodotti con regole meno stringenti rispetto a quelle adottate nell’Unione”, ribadiscono le associazioni. L’effetto dei dazi, sottolinea Coldiretti, si è già fatto sentire: a giugno 2025, l’export agroalimentare italiano negli Stati Uniti ha registrato un calo del 2,9%, segnando il primo segno negativo dopo oltre un anno di crescita, mentre l’export totale italiano verso gli Stati Uniti cresceva nello stesso mese del 10,3%. Dopo un avvio d’anno positivo, con una media di crescita dell’11%, il settore ha subito una brusca frenata nei tre mesi successivi all’introduzione dei dazi aggiuntivi: aprile (+1,3%), maggio (+0,4%), giugno (-2,9%), confermando l’incertezza che grava sulle strategie commerciali tra i due Paesi.