Ancora poche ore e le porte della Cappella sistina si chiuderanno e la Chiesa comincerà il conclave, dal quale uscirà il nome del successore di papa Bergoglio. L'attesa - da parte dei cattolici - e di curiosità - di gran parte degli altri - è palpabile, confermato dalla copertura giornalistica che l'evento sta avendo. Per quello che può valere, un po' tutti i media sembrano travolti alla voglia di dire la loro, fare previsioni, azzardare alleanze e favoriti.
Conclave: la CNN punta sul patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pizzaballa
Lo ha fatto oggi anche la CNN che ha dedicato un lungo articolo sul suo sito, incentrato sul cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, per il quale, sin dall'inizio del servizio, ha speso parole che paiono averlo messo in cima alle preferenze del canale all news americano.
Il cardinale Pizzaballa, sessant'anni, viene definito, inserendolo nel contesto della sua diocesi, come ''figura inconfondibile nei corridoi bui dell'antico patriarcato di pietra in questo angolo travagliato del mondo. Si muove rapidamente, con passi lunghi e decisi, le cuciture della sua tonaca nera che si gonfiano come la bracciata di un nuotatore prima del suo arrivo''. Nato a Bergamo, ha trascorso 35 anni nella martoriata Palestina, dove gli sono riconosciute doti di equilibrio e mediazione, necessarie per un ''mandato'' che lo mette quotidianamente a confronto con la guerra e le privazioni. Più giovane di dieci anni rispetto ai candidati considerati favoriti, il primo cardinale di Gerusalemme, per la CNN, ''è comunque emerso come una possibilità intrigante, spinto sotto i riflettori dalla stessa guerra a Gaza che lo ha costretto ad affrontare difficili questioni di fede e umanità''.
"Ogni uomo di fede si pone delle domande, me compreso", ha detto Pizzaballa in un'intervista meno di due settimane prima della morte di Papa Francesco. "Si è così frustrati dalla situazione e si chiede a Dio: 'Dove sei?'. 'Dove sei?'. Poi torno in me e capisco che la domanda dovrebbe essere: 'Dov'è l'uomo ora? Che cosa abbiamo fatto della nostra umanità?'".
"Non possiamo considerare Dio colpevole di ciò che stiamo facendo", ha affermato.
Pizzaballaè arrivato a Gerusalemme a 25 anni, sacerdote al suo primo mese di servizio. Era cresciuto in una povertà tale che, nella sua scelta di entrare in un ambiente monastico, ha tenuto conto del fatto che la sua famiglia avrebbe avuto una bocca in meno da sfamare. Ma soprattutto, ha confessato, trasse ispirazione da un prete ciclista del posto, che portò gioia e vita spirituale nel mondo del ragazzo in crescita.
Di lui, oltre alla gente che lo vede quotidianamente impegnato nel suo ruolo di guida spirituale, l'opinione pubblica ha cominciato ad interessarsi quando ha compito un gesto che per lui era ''ovvio'': a nove giorni dall'inizio della guerra tra Israele e Gaza – e a due settimane dal suo incarico di cardinale – si è offerto in cambio dei bambini israeliani presi in ostaggio da Hamas il 7 ottobre.
"Sono pronto a uno scambio, a qualsiasi cosa, se questo può portare alla libertà, a riportare i bambini a casa... Da parte mia c'è la totale disponibilità", aveva detto.
E la stessa disponibilità ha mostrato nei confronti di tutti, dicendo: "Perché i bambini israeliani e non quelli palestinesi? La mia risposta è stata... anche per loro sono pronto. Nessun problema".
"In questo momento, la mia impressione è che l'istituzione dei leader sia in un certo senso paralizzata dal loro ruolo", ha detto Pizzaballa. "La lezione che traggo da questo è che fede e potere non vanno d'accordo. Se vuoi essere libero come leader religioso, devi essere indipendente da qualsiasi tipo di potere, economico, politico, sociale, qualsiasi cosa. E ora non ci siamo ancora arrivati".
Allo scoppio della guerra, Pizzaballa predisse con lungimiranza che "la prima cosa da fare è cercare di ottenere il rilascio degli ostaggi, altrimenti non ci sarà modo di fermare'' quanto stava accadendo'', per poi aggiungere che "Non si può parlare con Hamas. È molto difficile".
Pizzaballa affronta con naturalezza le proprie contraddizioni. Il frate francescano, che ha dedicato la sua vita all'idea di una Chiesa universale, si muove con disinvoltura tra le maggioranze ebraiche e musulmane in mezzo alle quali ha vissuto. Patriarca latino di Gerusalemme dal 2020, guida i cattolici che vivono in Israele, nei territori palestinesi, in Giordania e a Cipro.
Avendo vissuto quasi tutta la sua vita adulta a Gerusalemme e con un dottorato di ricerca all'Università Ebraica, Pizzaballa sa benissimo tenere testa a una discussione teologica su YouTube, in un ebraico fluente, con un rabbino ortodosso israeliano, e il suo tono ricorda quello di due vecchi vicini di bar.
La fede, commenta la CNN, ''è la sostanza della sua vita. Il suo nuovo cardinalato e la guerra lo hanno spinto a ricoprire il ruolo insolito di portavoce in Vaticano sia degli israeliani che dei palestinesi, e in particolare di quelli di Gaza, avvertendo ''il bisogno di essere la voce del mio popolo al mondo, ma anche la voce della fede per il mio popolo".
"Uno dei problemi che abbiamo oggi è che tendiamo a disumanizzare l'altro. Non dovresti farlo", ha detto, aggiungendo "L'altro è un essere umano. Chiunque sia, è un essere umano. Quindi, devi essere attaccato a questo."
Pizzaballa ha visitato Gaza due volte dall'inizio della guerra, una volta lo scorso maggio e un'altra poco prima di Natale. "L'impatto emotivo è stato molto forte", ha ammesso, con una "impressione molto, molto pesante sulla situazione".
''È stata la sua fede a sostenerlo - dice ancora la CNN -. Messa alla prova, sfidata, a volte persino messa in dubbio, ma alla fine più forte di tutti gli interrogativi incontrati lungo il cammino. Ed è così che avrebbe definito gran parte della sua vita trascorsa a guidare una chiesa''.