Ambiente & Sostenibilità

Clima estremo, 318 miliardi di dollari di danni nel 2024: solo il 43% coperto da assicurazioni

Redazione
 
Clima estremo, 318 miliardi di dollari di danni nel 2024: solo il 43% coperto da assicurazioni

Il clima sta presentando il conto, e anno dopo anno, la cifra continua a lievitare. Non si tratta più di eventi sporadici e imprevedibili: uragani, alluvioni, tempeste e fenomeni meteorologici estremi sono diventati una costante nei bilanci delle economie globali. Lo conferma l’ultimo rapporto sigma pubblicato dall’istituto svizzero Swiss Re, che fotografa il 2024 come l’anno più dispendioso dal 2017 in termini di perdite economiche legate a disastri naturali.

Clima estremo, 318 miliardi di dollari di danni nel 2024: solo il 43% coperto da assicurazioni

Un totale da capogiro: 318 miliardi di dollari andati in fumo, tra danni assicurati e non coperti, a testimonianza di un trend che da tempo non è più eccezione ma regola.
Il dato più allarmante non è solo l’ammontare delle perdite, ma il ritmo con cui esse aumentano: secondo Swiss Re, le perdite assicurate legate a eventi estremi stanno crescendo a un ritmo del 5-7% annuo in termini reali. Un’accelerazione che impone una riflessione urgente: non solo sulle politiche climatiche, ma anche sul funzionamento – e sui limiti – del sistema assicurativo globale.

Nel 2024, le sole perdite assicurate legate a eventi climatici hanno raggiunto quota 137 miliardi di dollari, mentre altri 181 miliardi sono stati danni non coperti da alcuna polizza. In altre parole, il 57% delle perdite è rimasto completamente a carico di cittadini, aziende e Stati. Il cosiddetto protection gap, ovvero il divario tra i danni subiti e quelli assicurati, si allarga anche nei Paesi più sviluppati, dove ci si aspetterebbe una maggiore copertura. Alla fine dei conti, solo il 43% dei danni totali è stato assorbito dalle compagnie assicurative.

E per il 2025 le prospettive non sono rosee. Le stime indicano una cifra media attesa di 145 miliardi di dollari di danni assicurati, ma con una probabilità del 10% di superare addirittura i 300 miliardi in caso di un “peak loss year”, ovvero un anno segnato da eventi catastrofici particolarmente intensi o da una loro combinazione devastante. A dominare la scena delle catastrofi, ancora una volta, sono stati gli Stati Uniti, bersaglio di due uragani – Helene e Milton – che tra settembre e ottobre hanno generato 44 miliardi di dollari di danni assicurati e 113 miliardi complessivi. In particolare, Helene ha inondato vaste aree montuose con una furia devastante, colpendo territori scarsamente assicurati e mettendo in ginocchio intere comunità. Ma non sono solo gli uragani a destare preoccupazione.

Le tempeste convettive severe (SCS), spesso trascurate perché meno spettacolari, si confermano un problema crescente. Nel 2024 hanno causato 53 miliardi di dollari di danni assicurati, il secondo valore più alto mai registrato. E se è vero che negli Stati Uniti rappresentano ormai una consuetudine, stupisce l’intensità con cui hanno colpito anche Canada, Giappone (1,3 miliardi di dollari di perdite assicurate) e Australia, a testimonianza di un allargamento geografico del rischio.

L’Europa non è rimasta immune: tre eventi alluvionali di rilievo hanno colpito Germania, Europa centrale e la regione di Valencia, in Spagna. Quest’ultima ha registrato l’alluvione più costosa dell’anno a livello globale, con 4,7 miliardi di dollari di danni assicurati. A pesare, ancora una volta, sono state le infrastrutture inadeguate, l’urbanizzazione eccessiva e le precipitazioni eccezionali, ormai sempre meno rare. Episodi simili si sono verificati anche in Brasile e negli Emirati Arabi Uniti, dove si sono registrati gli eventi alluvionali più costosi mai documentati in quei Paesi. Segnali inequivocabili di una vulnerabilità crescente anche in aree considerate finora più protette.

Nonostante il sistema assicurativo internazionale disponga oggi di risorse ingenti – si parla di 500 miliardi di dollari di capitale riassicurativo e 1.800 miliardi nei rami property & casualty – la vera sfida è la tenuta nel lungo periodo. I profitti nei cosiddetti “anni normali” devono essere sufficienti a coprire le perdite degli anni eccezionali. Ma con l’intensificarsi e la moltiplicazione degli eventi estremi, anche questo equilibrio comincia a vacillare. Swiss Re è chiara su un punto: la soglia psicologica dei 100 miliardi di dollari di danni come limite massimo annuale è ormai superata. Il nuovo standard è la crescita costante, la previsione di una progressiva normalizzazione del rischio elevato. E in questo contesto, il solo meccanismo assicurativo non basta più.

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