Economia

Banche e imprese innovative, quando l’affinità elettiva diventa motore di crescita

Redazione
 
Banche e imprese innovative, quando l’affinità elettiva diventa motore di crescita
Nel nuovo ecosistema finanziario plasmato dalla digitalizzazione, una dinamica inattesa ma sempre più evidente sta ridisegnando il rapporto tra credito e innovazione: le banche che investono in tecnologie Fintech per migliorare la valutazione del merito creditizio tendono a sostenere con maggiore convinzione proprio quelle imprese che innovano di più. È il fenomeno che un recente lavoro della Banca d’Italia sintetizza con un detto popolare che diventa chiave interpretativa del mercato del credito: “chi si somiglia si piglia”.

Banche e imprese innovative, quando l’affinità elettiva diventa motore di crescita

Lo studio (Birds of a feather flock together, Temi di discussione n. 1511) analizza oltre dieci anni di relazioni creditizie tra banche e imprese italiane, incrociando i dati della Centrale dei Rischi con le informazioni sull’innovazione finanziaria raccolte dall’Indagine regionale sul credito bancario. Le “imprese innovative” sono individuate attraverso la sezione speciale del Registro delle imprese introdotta con lo Start-up Act del 2012, un bacino che fotografa attività giovani, ad alta intensità tecnologica e spesso prive di garanzie tradizionali.

E dunque quando una banca investe in soluzioni Fintech orientate alla valutazione dei clienti, in particolare tecnologie di monitoraggio basate su Big Data e algoritmi predittivi, riesce a ridurre le asimmetrie informative e a comprendere meglio i profili di rischio delle imprese più complesse da valutare. Il risultato è che queste banche concedono più credito, a tassi inferiori, e costruiscono relazioni più durature con le imprese innovative rispetto agli intermediari tradizionali. L’effetto è il seguente: i prestiti risultano mediamente superiori del 10% e il costo del credito si riduce di circa 30 punti base.

Un aspetto decisivo è che questa maggiore apertura verso l’innovazione non si accompagna a un incremento del rischio. Il paper evidenzia infatti che non vi sono variazioni significative nella probabilità di deterioramento dei prestiti, nemmeno quando si osservano le componenti più sensibili come il passaggio a “past due/unlikely to pay”. Anzi, nel caso delle imprese innovative, il ricorso a tecnologie avanzate sembra addirittura ridurre la probabilità di default.

La ragione è strutturale, le imprese innovative sono più giovani, meno patrimonializzate e caratterizzate da attività immateriali come brevetti e software. La loro valutazione richiede strumenti diversi dai tradizionali modelli di scoring basati su bilanci storici e garanzie reali. Le banche che adottano soluzioni Fintech, invece, possono integrare dati alternativi, indicatori qualitativi e segnali dinamici, avvantaggiandosi nei processi sia di screening sia di monitoraggio. La relazione creditizia diventa così più informata e, proprio per questo, più stabile nel tempo.

Le tabelle e i grafici del report, mettono in luce anche un’interessante controprova: le banche tradizionali non mostrano la stessa propensione a concedere nuovo credito alle imprese innovative, e non riescono a colmare il divario attraverso le garanzie pubbliche, come quelle del Fondo centrale, che pure hanno sostenuto questa tipologia di aziende dalla nascita dello Start-up Act.

Insomma, l’innovazione genera innovazione. Non solo perché migliora i processi bancari, ma perché crea un terreno di intesa fra chi sviluppa nuove tecnologie e chi ha bisogno di finanziarle. Quando banche e imprese condividono un approccio orientato al futuro, la finanza diventa meno difensiva e più abilitante. E il sistema nel suo complesso ne trae beneficio.
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