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Arte e religione, tra Oriente e Occidente: l’iconografia Indiana della Natività

Redazione
 

L’Annunciazione segna l’inizio della storia del Cristianesimo e la nascita di Gesù Cristo è un evento biblico fondamentale, che segna il principio di tutto: anche nell’arte. Non vi è tema forte e diffuso più della Natività, una madre con il suo bambino, antico quanto l’umanità che da esso si genera: anche Iside era spesso raffigurata con il piccolo Horus in braccio.
Ma la Natività cristiana segna l’arte occidentale lungo la sua storia e ne diffonde la visione plasmando anche quella di chi osserva: da Giotto a Lorenzetti, da Piero della Francesca a Caravaggio, gli artisti dell’Occidente definiscono il modo di guardare a questo evento biblico. Eppure, interpretare la Natività non è soltanto una prerogativa occidentale e nel corso del tempo anche gli artisti indiani hanno voluto rappresentare la nascita di Gesù alla luce del proprio stile personale: alcuni dipinti della storia dell'arte indiana presentano la nascita di Gesù da una prospettiva unica.

Arte e religione, tra Oriente e Occidente: l’iconografia Indiana della Natività

Si ritiene che sia stato l'imperatore moghul Muhammad Jalaluddin Akbar a introdurre il Cristianesimo nell'India settentrionale, invitando i missionari gesuiti a visitare la sua corte e qui essi portarono le Sacre Scritture e opere d'arte europee su temi cristiani che influenzarono i pittori di Palazzo. Akbar e i suoi successori commissionarono anche molti murales con temi cristiani e alcuni artisti iniziarono a trasporre in questi dipinti elementi di arte islamica.

Neha Vermani, storica dell’Asia meridionale, descrivendo un dipinto realizzato dagli artisti della corte Moghul che raffigura nella scena della Natività anche l'imperatore Jahangir, afferma: "I sovrani si consideravano 'giusti', capaci di mantenere armonia ed equilibrio nei loro regni. Permettere a religioni diverse di coesistere era parte integrante del modo in cui si vedevano e volevano essere ricordati" e i dipinti caratteristici dell’epoca mostrano elementi stilistici tipici dell'arte Moghul, quali figure fortemente stilizzate, colori vivaci, naturalismo e ornamenti, fondersi con il tema di una nascita sacra.

Tra gli artisti più celebri per aver raffigurato la Natività con nuovi linguaggi che rielaborano antiche forme, Jamini Roy: nato nel 1887 in Bengala occidentale, interpreta il tema della Natività in modo dirompente unendo arte popolare bengalese e dipinti Kalighat, una particolare forma d'arte che ha avuto origine nel XIX secolo nei pressi del tempio Kalighat Kali a Calcutta.

Ashish Anand, CEO e direttore generale dello studio d'arte DAG, spiega che "la semplicità della vita di Cristo e il suo sacrificio affascinarono Roy, rendendo i suoi dipinti su temi cristiani almeno altrettanto importanti di quelli sulla mitologia indù, tutti realizzati nello stile popolare del Modernismo". Angelo da Fonseca, invece, era nato a Goa nel 1902 e gli è attribuito il merito di aver creato un'iconografia cristiana unica, anche se poco compresa e inizialmente perfino osteggiata, che mediava influenze orientali e occidentali attraverso la sensibilità del suo luogo di nascita. Nei suoi dipinti l’Arcangelo Gabriele è una figura esotica alta e sottile, che indica verso l’alto come il Giovanni Battista di Leonardo e con un giglio in mano mentre Maria è una donna indiana adulta, dai lineamenti caratteristici e con la pelle ambrata, vestita con un sari e che indossa un mangalsutra, gioiello tradizionale indiano indossato dalle donne indù sposate, in una composizione che nell’intento dell’artista cerca di contrastare la narrazione secondo cui l'Occidente sarebbe la culla della bellezza e della creatività artistica: "Fonseca voleva collocare il Cristianesimo, che è stato ampiamente considerato una tradizione religiosa occidentale, all'interno del subcontinente indiano e i suoi acquerelli lo hanno dipinto in modo nuovo", ha detto Rinald D'Souza, direttore dello Xavier Centre of Historical Research di Goa.

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