Il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune, ha annunciato "misure di grazia presidenziale a favore di 2.471 detenuti" e altre di ''pacificazione" per otto detenuti in custodia cautelare in attesa di indagini e procedure di giudizio. Non sono stati specificati i nomi delle persone coinvolte né i termini di queste misure di ''pacificazione'', ma alcuni giuristi sperano che esse consistano nella caduta delle accuse e nel rilascio dei detenuti, definendo l'annuncio del presidente ''eccezionale e insolito''.
Questa decisione senza precedenti potrebbe in teoria avvantaggiare Boualem Sansal, lo scrittore franco algerino ottantenne arrestato all'aeroporto di Algeri il 16 novembre mentre arrivava da Parigi.
Algeria: il presidente Tabboune grazia migliaia di detenuti e annuncia per altri "misure di pacificazione"
Sansal è accusato di ''minato l'integrità del territorio nazionale''. L'intellettuale, di salute fragile, secondo il suo avvocato, è stato trasferito in un reparto di cura dell'ospedale Mustapha-Pacha di Algeri.
L'arresto dell'autore di ''Le Village de l'Allemand'' ha suscitato grande scalpore in Francia. Nel mezzo di un periodo di tensione tra Algeri e Parigi, l'Eliseo si è detto ''molto preoccupato''. La sua liberazione "sarebbe un segnale molto forte e senza dubbio il modo migliore per uscire da una situazione che il tempo non può rendere meno dolorosa", ha dichiarato a Le Monde François Zimeray, il suo avvocato .
Oltre a queste misure calmanti, sono previste riduzioni di pena e ''amnistia totale'' per quattordici persone ''condannate in via definitiva per reati contro l'ordine pubblico''. Il comunicato stampa presidenziale non indica alcun nome e non fornisce dettagli.
In Algeria , questi prigionieri di diritto comune sono considerati ''vittime, addirittura ostaggi di un sistema politico-giudiziario'', sottolinea l’avvocato algerino Aïssa Rahmoun, in esilio in Francia e segretaria generale della Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH): ''Si tratta - ha detto a Le Monde - del miglior modo ufficiale per nascondere lo status di prigioniero di coscienza'', una ''categoria'' in cui rientrano i dissidenti.
Attualmente sono almeno 218 i detenuti per questi motivi, secondo il difensore dei diritti umani Zaki Hannache, ora rifugiato in Canada e che documenta la repressione nel paese dall'Hirak, il movimento di protesta popolare e pacifico del febbraio 2019.
Tra questi prigionieri potrebbero esserci personalità come il generale in pensione Ali Ghediri, candidato alle elezioni presidenziali nel 2019, l’imprenditore Nabil Mellah, che ha fatto fortuna nell’industria farmaceutica, o l’artista franco-algerina Djamila Bentouis.
"Tebboune vuole allentare la presa soprattutto dopo le pressioni internazionali che ha ricevuto nel caso Sansal e dopo l'ondata di malcontento che gli algerini hanno espresso sui social network ", analizza l'attivista Saïd Salhi, rifugiato in Belgio.
L'ex vicepresidente della Lega algerina per la difesa dei diritti dell'uomo (LADDH) fa riferimento all'hashtag “Manich radi” (“Non sono soddisfatto”, in arabo), scoppiato nei giorni scorsi sui social network. Utilizzandolo, gli algerini denunciano la mancanza di libertà, la repressione, ma anche la situazione economica e sociale del Paese. Una campagna definita “ostile” da diversi giornali algerini vicini al regime.
In risposta a questo hashtag ne è stato lanciato un altro – “Ana mâa bladi” (“Io sto con il mio Paese”) – e ripreso dagli algerini per affermare la loro solidarietà con le istituzioni del loro Paese.
"Nessuno pensi che l'Algeria possa essere divorata da un hashtag, proteggeremo questo Paese il cui popolo ha il sangue dei martiri che scorre nelle vene ", ha reagito martedì anche il presidente Tebboune durante un incontro tra il governo e i walis (prefetti). .
''Abbiamo notato che la 'grazia' presidenziale non significa un allentamento della repressione - sottolinea Zaki Hannache -. Ad ogni fase di liberazione segue un'ondata di repressione ancora più intensa, che sfocia in arresti e nuovi mandati di cattura''.