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Immigrazione: dal tribunale di Roma un netto stop al "piano Albania" del Governo

Redazione
Punto e a capo con il "piano Albania" del Governo?
Non necessariamente, perché l'ordinanza con cui la sezione immigrazione del tribunale di Roma, che segue le vicende giudiziarie legate a questo delicato dossier, non convalidando il conferimento dall'Italia all'Albania degli "clandestini", giunti nel Paese, e quindi mettendo un caposaldo giuridico sulla vicenda, apre un dibattito che attraversa più campi: politico, giudiziario, umanitario e forse anche altri.
Vediamo nello specifico di cosa si tratta, partendo, opportunamente, dalla decisione del tribunale di Roma.

Immigrazione: dal tribunale di Roma un netto stop al "piano Albania" del Governo

"Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera e di transito italiane" - ha scritto, in un comunicato, Luciana Sangiovanni presidente della sezione del tribunale di Roma - "è dovuto all’impossibilità di riconoscere come 'Paesi sicuri' gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia".

In buona sostanza, a giudizio del tribunale, la qualificazione di "Paesi sicuri", data alle nazioni di provenienza degli immigrati irregolari e che è stata messa alla base del trattenimento nelle strutture in Albania, non è attendibile, posto che questa classificazione è stata ritenuta non valida dalla Corte europea.
I Paesi, di cui il tribunale si è occupato, sono Egitto e Bangladesh, dai quali, a migliaia, cercano di fuggire per motivazioni diverse, a cominciare da quelle economica per passare, via via, da quella religiosa, politica, relativa alla propria sessualità.

Per il tribunale il concetto di "sicurezza" non può essere applicato automaticamente ad alcuni Paesi, che al contrario non sono affatto sicuri, almeno non in modo assoluto. Anche se il tribunale non fa una specifica distinzione, appare abbastanza evidente che la sua determinazione si rifà a quando rilevato in sede di Ue, dove alcuni Paesi - come appunto Egitto e Bangladesh - non sono ritenuti totalmente sicuri per i loro cittadini.
A questo punto una risposta in sede giudiziaria dello Stato italiano appare scontata, innanzitutto perché il "piano Albania" ha uno strenuo difensore nel presidente del consiglio (Giorgia Meloni ne ha parlato, incassando consensi, sia in occasione di eventi in sede Ue, che nei frequenti bilaterali che ha con i Paesi dell'Unione e anche con il Regno Unito) e poi perché la decisione del tribunale romano, per come sta già facendo, accresce le voci contrarie a trattenimento dei migranti in Albania.

La linea dell'esecutivo è stata anticipato dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, secondo il quale, con riferimento a un'ordinanza dello stesso tenore del tribunale di Palermo, "molte di queste decisioni non le condividiamo. Personalmente ritengo che quando non si condivide una decisione giudiziaria la si impugna ed è quello che stiamo facendo e che faremo. E noi tendiamo sul lungo periodo anche a sollecitare una giurisprudenza superiore, come la Cassazione".

Quindi, prepariamoci ad assistere ad una guerra per tesi, che rischia di essere sanguinosa, almeno per la parte che soccomberà. Va detta, comunque, anche un'altra cosa.
La decisione del tribunale di Roma, contestando la qualificazione come Paese sicuro data a Egitto e Bangladesh, se confermata dopo i ricorsi che fioccheranno, rischia di indirizzare ulteriori flussi di immigrazione difficilmente quantificabili, posto che appunto egiziani e bengalesi arrivano già in gran numero nel nostro Paese e questo tipo di decisione, lo ripetiamo non ancora definitiva, potrebbe essere come il canto delle Sirene, alimentando il business dei trafficanti.

Quale condizione vivono, quindi, i dodici migranti (otto bengalesi, il resto egiziani) portati in Albania dalla nave Libra della Marina Militare, con un costo pro-capite per le casse dello Stato manco fossero croceristi? Secondo il Pd, sono isolati del resto del mondo, quindi privati della possibilità di comunicare con le famiglie.
Come da copione, non appena i media hanno dato notizia della decisione del tribunale di Roma, le reazioni sono arrivate a getto continuo, con la Lega che ha tagliato il traguardo della prima forza politica a prendere posizione. E lo ha fatto con durezza, mischiando due vicende, apparentemente non sovrapponibili: quella dei centri di trattenimento in Albania, squisitamente di profilo amministrativo, e il processo a Mattero Salvini, per fatti totalmente diverse e di preisti dal codice penali.

"Proprio nel giorno dell'udienza del processo Open Arms contro Matteo Salvini, l'ordinanza che non convalida il trattenimento degli immigrati in Albania è particolarmente inaccettabile e grave. I giudici pro immigrati si candidino alle elezioni, ma sappiano che non ci faremo intimidire", ha scritto in una nota della Lega, dicendo quindi d' essere lei il vero bersaglio dei giudici; di Roma, dopo quelli di Palermo.

Neanche Fratelli d'Italia ha usato maniere felpate, dicendo che "alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi sicuri di provenienza: impossibile trattenere chi entra illegalmente, vietato rimpatriare i clandestini. Vorrebbero abolire i confini dell'Italia, non lo permetteremo".
Di danno erariale (i costi affrontati per mettere su il 'sistema Albania') parla invece la segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha reso nota la presentazione di una interrogazione.
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