Attualità

L'editoriale. Che il 2025 sia l'anno del rispetto, per tutto e per tutti

di Demetrio Rodinò
 
L'editoriale. Che il 2025 sia l'anno del rispetto, per tutto e per tutti

Forse, l'anno che verrà deluderà il sogno di Lucio Dalla, che sperava d'avere ''tre volte Natale'', a simboleggiare la voglia di pace di tutti. Non solo della pace che mette fine alle guerre, ma anche a quella che speriamo ci sia in casa nostra. E per casa intendiamo questa Italia, che per fortuna non è quella che scuoteva l'animo di Dante (''Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello''), ma non vive certo uno dei suoi migliori periodi. Perchè noi il nostro Paese lo viviamo sul filo di narrazioni diverse, che non sono solo quelle di governo e opposizioni, tradizionalmente opposte, andando anche contro l'evidenza. Perché ciascuno racconta il Paese a secondo della propria convenienza, per supportare le tesi che formula solo perché gli convengono.

E' per questo che tutti dovremmo auspicare una presa di coscienza di quella che è realmente l'Italia. Che, purtroppo, non è l'anticamera dell'Eden raccontata dalla coalizione di Governo,  e non lo è soprattutto guardando alla realtà fattuale, quella dei conti. Non solo quelli macroscopici dell'economia, ma anche gli altri, quelli piccoli piccoli, che riguardano le famiglie che, ormai a milioni, devono affrontare sacrifici inenarrabili per arrivare a fine mese, tra le spese per mangiare e, cosa che troppo spesso si dimentica, quelle che si affrontano per dare ai figli speranze per un futuro migliore, consentendo loro di studiare. Anche se poi, dietro l'angolo, c'è la possibilità di vederli andare via, a cercare fortuna in una nazione diversa e di migliori prospettive.

Noi, che viviamo quotidianamente le contraddizioni del Paese, tra quello che ci raccontano quelli che stanno dentro o attorno al Palazzo, dobbiamo guardare comunque con fiducia al futuro, non perché ci siano cose che la giustifichino, ma perché sarebbe pernicioso non farlo. L'Italia del 2025 si sta chiudendo con un bilancio in chiaroscuro, dove però le tinte fosche prevalgono sulle altre. 

E' un Paese che galleggia, che sopravvive, che non riesce a capire, a capacitarsi d'occupare gli ultimissimi posti tra gli indicatori economici europei, che ci fanno guardare con invidia a cosa accade ad esempio in Spagna, che macina record positivi mese dopo mese. E lo fa grazie a scelte di politica economica coraggiose, quasi visionarie, soprattutto in materia di lavoro, che non riusciamo nemmeno a pensare. 

Eppure noi - e per noi intendiamo il Governo - brindiamo all'andamento dello spread, come se fosse una conquista della maggioranza, ma non dicendo ad alta voce che questo è effetto non del clima migliore del Paese, ma della forte contrazione dell'economia tedesca. 

Insomma, si continua a massimizzare gli effetti di una informazione parziale, quasi ignorando che gli indicatori ci danno in picchiata. Per avere una conferma, basta guardare alle aziende in crisi, che vivono tra tagli al personale e la speranza che qualcuno le compri, magari passando in mani straniere. 

L'odissea del comparto dell'acciaio è indicativa di un modo di affrontare i problemi senza una visione d'insieme, cercando di risolverli mano a mano che si manifestano, ma senza una strategia, una visione d'insieme, una progettualità globale alla quale questo Governo sembra non sapere guardare.

Eppure ci dicono che  tutto va bene, che si investono miliardi nella Sanità pubblica (permettendo al privato di ampliare la platea delle prestazioni, alla luce di un ''do ut des'' che provoca sconcerto) e che le liste si stanno accorciando in modo evidente. Che poi questo sia vero è un altro discorso, anche se ci sono creduloni che prendono per buono tutto quello che sentono in televisione.

Nei tre anni del Governo Meloni molte questioni restano irrisolte. Anzi peggiorano. Nulla o quasi è stato fatto per fermare l'inverno demografico che ha radici essenzialmente economiche perché fare figli è un lusso. Come confermano i costi degli asili nido, dove dovere ''parcheggiare'' i figli se si vuole continuare a lavorare. 

Altri Paesi si stanno muovendo, con risultati non sempre positivi, ma almeno ci tentano. Noi invece continuiamo a promettere, ma poi nella sostanza non ci sono misure concrete. Come potrebbe essere quel ''piano casa'' di cui si favoleggia senza che poi, in concreto, si faccia qualcosa. 

Le strategie di corto respiro sono invece diventate prassi, a dispetto dell'evidenza. Quindi, si persegue la realizzazione di un'opera non necessaria - come il ponte sullo Stretto di Messina - e non si pensa invece a mettere in sicurezza il territorio, per evitare che l'inondazione prossima ventura non reclami ancora le sue vittime.
 
Eppure, piuttosto che annunciare provvedimenti, esponenti del Governo piagnucolano per tutto quello che non va nel senso da loro sperato e se c'è da cercare un colpevole c'è da stare certi che lo troveranno nei giudici, tutti, da quelli ordinari a quelli contabili a quelli della Corte costitizionale, quasi che ci sia una Spectre di togati tutti concordi nell'ostacolare la meritoria azione dell'esecutivo. Uno schema che sembra replicare quel che negli Stati Uniti sta facendo Trump che però, in virtà delle prerogative del presidente, sta impallinando i giudici (ma anche gli ambasciatori,,,) che non si mettono proni davanti alle sue estemporanee decisioni.  

E poi ci sarebbe la questione delle pensioni, con l'asticella dell'età che si alza costantemente a dispetto di chi aveva, come primo obiettivo, quello di spazzare la legge Fornero. Che è rimasta lì, e per fortuna, commentano gli economisti.  

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