Esteri
Xi mostra i muscoli: missili, droni e armi laser nella parata che sfida l’Occidente

La scena internazionale di queste ore è stata dominata da Pechino, dove il presidente cinese Xi Jinping ha presieduto una parata militare di proporzioni colossali in piazza Tiananmen, organizzata per celebrare gli ottant’anni dalla vittoria sul Giappone nella Seconda guerra mondiale. Secondo la CNN, davanti a oltre diecimila soldati e a un arsenale impressionante di nuove tecnologie belliche, Xi ha ribadito che l’ascesa della Cina è “inarrestabile”. Ma a fare notizia non sono stati solo i carri armati, i missili balistici e i droni sottomarini mostrati, come ha raccontato la BBC. A catturare i riflettori è stato soprattutto l’arrivo sul palco di due alleati scomodi: Vladimir Putin e Kim Jong Un. Per la prima volta i tre leader si sono presentati insieme davanti al mondo, offrendo l’immagine plastica di un fronte alternativo all’ordine internazionale guidato dagli Stati Uniti. A margine, il leader nordcoreano ha parlato di un “dovere fraterno” nell’aiutare la Russia, sottolineando come Pyongyang abbia già fornito armi e truppe a Mosca. Un segnale che, secondo gli analisti interpellati dalla BBC, trasforma la parata non solo in celebrazione storica, ma anche in un gigantesco showroom militare, utile a promuovere l’industria bellica cinese presso potenziali acquirenti. Sul piano politico, la partecipazione occidentale è stata ridotta al minimo. Solo il premier slovacco Robert Fico e il presidente serbo Aleksandar Vucic hanno scelto di essere presenti. La BBC ricorda come Vucic, pur a capo di un Paese candidato all’ingresso nell’UE, abbia mantenuto solidi rapporti economici con la Cina e un atteggiamento prudente verso la Russia, cercando di restare neutrale sul conflitto ucraino. Diverso il caso di Fico, che, pur guidando un Paese membro della NATO e dell’Unione Europea, ha invocato la normalizzazione dei rapporti con Mosca e si è opposto al piano europeo di riduzione della dipendenza energetica dal Cremlino. Non a caso, la Commissione europea ha preso le distanze, chiarendo che il leader slovacco non rappresentava Bruxelles a Pechino.
Oltreoceano, Donald Trump ha commentato la scena con il consueto sarcasmo. Come riferito dalla CNN, il presidente ha scritto su Truth Social un messaggio rivolto a Xi, “al meraviglioso popolo cinese” e, ironicamente, anche a Putin e Kim, accusati di “cospirare contro gli Stati Uniti”. Dal Cremlino, l’assistente presidenziale Yury Ushakov ha però replicato che nessuna cospirazione era stata pianificata, pur riconoscendo il peso delle politiche americane nelle attuali tensioni globali. Intanto, mentre Putin assisteva alla sfilata, la Russia intensificava la sua offensiva sull’Ucraina. Secondo la CNN, nelle stesse ore Mosca ha lanciato 502 droni a lungo raggio e 24 missili da crociera, colpendo infrastrutture energetiche, trasporti e aree residenziali in quattordici regioni ucraine. L’aeronautica di Kiev è riuscita a intercettare la maggior parte dei vettori, ma settantadue tra droni e missili hanno raggiunto i loro obiettivi. “Decine di edifici residenziali sono stati danneggiati e gli incendi sono ancora in corso”, ha denunciato il presidente Zelensky.
A guardare con occhio critico il doppio registro delle democrazie occidentali è stato il premier spagnolo Pedro Sánchez, intervistato dal Guardian. Il capo del governo di Madrid ha accusato l’Europa di applicare “doppi standard” tra la fermezza mostrata a sostegno dell’Ucraina e la risposta ben più timida all’offensiva israeliana a Gaza, che ha definito “uno degli episodi più bui delle relazioni internazionali del XXI secolo”. Sánchez, primo leader europeo ad accusare Israele di genocidio, ha chiesto che l’Unione sospenda il partenariato strategico con Tel Aviv e ha sottolineato che, senza una posizione più coerente, la credibilità stessa dell’Occidente rischia di sgretolarsi. Sul fronte americano, Trump ha dovuto affrontare un’altra grana. Come raccontato da CBS News, una corte federale d’appello ha respinto l’uso da parte della sua amministrazione dell’Alien Enemies Act del 1798 per giustificare la deportazione di centinaia di migranti venezuelani, accusati di appartenere alla gang Tren de Aragua. I giudici hanno stabilito che non si può parlare né di “invasione” né di “incursione predatoria”, come sosteneva la Casa Bianca. Un’inchiesta della trasmissione 60 Minutes ha inoltre rivelato che molti dei migranti deportati non avevano precedenti penali e sono stati trasferiti in carceri di massima sicurezza in El Salvador o rimandati in Venezuela nell’ambito di scambi di prigionieri. Sul versante economico, la tensione geopolitica continua a pesare. Secondo Bloomberg, i mercati obbligazionari mondiali stanno vivendo una fase di forte svendita, con titoli a lungo termine in netto calo. L’onda lunga ha contagiato anche le borse asiatiche e statunitensi, mentre in Giappone i rendimenti dei titoli di Stato si sono uniti al declino globale. In Europa, i bond britannici sono di nuovo sotto pressione e la sterlina si è indebolita. In compenso, l’oro ha raggiunto un nuovo massimo storico, spinto dalle attese di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve e dalle preoccupazioni sul debito. Sul fronte energetico, invece, il petrolio si mantiene stabile, in attesa delle prossime decisioni dell’OPEC+.