Con 19 ristoranti premiati dalla Guida Michelin 2026 nel solo tessuto urbano, più una costellazione di indirizzi consolidati nella provincia, Roma ha messo a segno un sorpasso storico: è diventata la città italiana con più ristoranti stellati. E come se non bastasse, continua a calamitare grandi nomi, chef di peso e insegne che fino a ieri guardavano altrove. L'ultimo colpo? Carlo Cracco. Sì, proprio lui: lo chef con la giacca nera e lo sguardo che sembra sempre scrutare oltre il piatto, quello che ha fatto della cucina d'autore un linguaggio riconoscibile e della sua presenza mediatica un marchio di fabbrica. Dopo mesi - anzi, anni - di voci, conferme a metà e smentite di cortesia, l'approdo dello chef milanese nella Capitale è finalmente cosa certa: a febbraio 2026 aprirà Viride, il suo nuovo ristorante romano, ospitato nientemeno che all'interno del Corinthia Rome, l'hotel di lusso che ha preso casa in piazza del Parlamento, a due passi da Montecitorio.

Il luogo non è scelto a caso. L'edificio che oggi ospita il Corinthia Rome porta con sé un pezzo di storia italiana: progettato nel 1914 dall'architetto Marcello Piacentini, ha ospitato per decenni la sede centrale della Banca d'Italia, nel cuore del quartiere di Campo Marzio. Marmi, volte, memorie istituzionali: la cornice perfetta per un ristorante che punta a dialogare con la tradizione senza restarne prigioniero. Cracco, d'altronde, questo lo sa fare bene: prendere un classico, smontarlo pezzo per pezzo, e rimontarlo con la sua firma inconfondibile. Al suo fianco, in cucina, ci sarà Alessandro Buffolino, executive chef con cui lo chef condividerà la direzione del progetto gastronomico. Il menù promette di essere un equilibrio tra i grandi classici romani - rielaborati, naturalmente - e le ricette che hanno reso celebre Cracco in giro per il mondo. Non solo cena: Viride sarà aperto anche a colazione, affiancato da un bar, e nel cortile interno dell'hotel troverà spazio un'altra insegna dedicata alla cucina tradizionale romana, attiva tutto il giorno. Un progetto articolato, insomma, che vuole parlare a pubblici diversi senza perdere un filo di ambizione. I prezzi, fanno sapere, saranno "in linea con l'offerta culinaria di qualità". Traduzione: non proprio per tutte le tasche, ma d'altronde parliamo di stelle, non di trattorie. E chissà che, tra un piatto rivisitato e un classico omaggiato, Cracco non riesca a fare breccia anche nel cuore (e nella pancia) di una città che di chef stellat ne ha visti passare parecchi. Ma che, evidentemente, ha ancora voglia di stupirsi.