Attualità
La Corte Suprema degli Stati Uniti mette al bando TikTok. Trump: “Deciderò io”
di Barbara Bizzarri
Prime schermaglie tra Stati Uniti e Cina: la Corte Suprema ha confermato una legge che, a meno di stravolgimenti, porta alla chiusura della piattaforma social cinese TikTok su ‘suolo’ americano già da domani 19 gennaio. La sentenza, approvata all’unanimità, stabilisce che i diritti di libertà d’espressione devono cedere il passo alle preoccupazioni legate alla sicurezza nazionale derivanti dal controllo cinese sull’app: la preoccupazione fra i giudici della Corte Suprema era che il controllo cinese su TikTok potesse rappresentare un rischio per la sicurezza nazionale raccogliendo i dati sensibili degli utenti americani e mettendoli a disposizione del governo cinese, un’accusa che ByteDance ha sempre negato con forza. La legge, approvata dal Congresso e ora anche dalla Corte, impone alla società madre di TikTok, Byte-Dance, di cedere l’app entro il 19 gennaio a un’azienda americana, oppure chiudere i battenti.
Il bando di TikTok potrebbe avere un impatto significativo non solo sui milioni di utenti americani che utilizzano l’app quotidianamente, ma anche su creator e aziende che dipendono da TikTok per il marketing e la promozione. L’assenza di TikTok dal mercato statunitense potrebbe aprire nuove opportunità per competitor come Instagram Reels, You-Tube Shorts e altre piattaforme emergenti: in più, ironia della sorte, l’app più scaricata in questo momento negli USA è Red-Note, un’altra piattaforma cinese su cui l’hashtag TikTokRefugees è già diventato virale. Mentre la Corte Suprema emetteva la sua sentenza segnando una svolta nella battaglia legale e politica che si era svolta intorno a TikTok, Donald Trump parlava al telefono con Xi Jinping: ha detto di aver discusso col presidente cinese di commercio, dei minacciati dazi, della piaga fentanyl, grattacapi nel Pacifico e pure di Tik-Tok: «Risolveremo molti problemi insieme, cominceremo subito. Faremo di tutto, insieme, per rendere il mondo un luogo di pace», ha assicurato il tycoon, che si appresta a insediarsi, il 20 gennaio, alla Casa Bianca. Sulla sua piattaforma, Truth Social, Trump afferma inoltre che la sentenza della Corte Suprema era attesa e va rispettata, lasciando intendere di voler comunque sospendere l’operatività della legge in attesa di trovare una soluzione: «La mia decisione arriverà a breve, ho solo bisogno di un po’ di tempo per valutare la situazione». Parlando con la Cnn è stato più netto: «La decisione finale spetta a me. Il Congresso mi ha dato la possibilità di decidere: vedrete quello che farò».
Una volta in carica, il presidente può intervenire legalmente, con ordini esecutivi, in due modi: sfruttando un articolo della legge che prevede la possibilità di un rinvio della sua applicazione fino a 90 giorni se sono stati fatti progressi verso la soluzione indicata (la cessione a non cinesi), oppure chiedere al suo ministero della Giustizia di non procedere, per il momento, agli adempimenti esecutivi della legge. Sembrerebbe la soluzione più probabile, per avere il tempo di svolgere un negoziato con Pechino da condurre in prima persona mettendo sul tavolo, con la questione social, anche quelle inerenti al forte squilibrio commerciale tra i due Paesi e il fentanyl che arriva dalla Cina. Ma cosa accadrà tra domani e lunedì? il team di Biden fa sapere che non interverrà per applicare la legge durante “una giornata festiva: ormai l’attuazione spetta al nuovo governo che si insedia lunedì”. Al momento quindi l’oscuramento di TikTok parrebbe scongiurato ma Apple e Google, che in base alla legge dovrebbero eliminare da domani il social dai loro app store, si chiedono se possono astenersi dal farlo in assenza di una misura legale ad hoc. Intanto dal canto suo il Ceo di TikTok, Shou Zi Chew, ha dichiarato: «A nome di tutti noi di TikTok e dei nostri utenti in tutto il paese, desidero ringraziare il presidente Trump per il suo impegno a lavorare con noi al fine di trovare una soluzione che mantenga TikTok disponibile negli Stati Uniti. È una presa di posizione forte a favore del primo emendamento e un chiaro rifiuto di ogni forma di censura arbitraria».