Economia

Il mercato dei metalli industriali entra in una nuova era tra AI, transizione verde e tensioni geopolitiche

di Redazione
 
Il mercato dei metalli industriali entra in una nuova era tra AI, transizione verde e tensioni geopolitiche
Il 2025 conferma la resilienza dei metalli industriali, che hanno saputo mantenere una traiettoria positiva nonostante i ribassi registrati in altri comparti come energia e agricole. Secondo il Centro studi di Unimpresa, i prezzi si muoveranno in un orizzonte sostenuto anche nel 2026, con il rame previsto in un range di 10.000-10.800 dollari la tonnellata e possibili picchi fino a 11.500 dollari in caso di compressione dell’offerta. L’alluminio dovrebbe stabilizzarsi fra 2.600 e 2.850 dollari, lo zinco tra 2.900 e 3.200, mentre il nickel resterà il metallo più volatile, oscillando fra 14.000 e 17.000 dollari a seconda delle decisioni dell’Indonesia, che controlla oltre metà della produzione mondiale.

La robustezza della domanda globale, malgrado i dazi statunitensi, è uno dei pilastri che spiegano la solidità del settore. Accanto alla transizione verde, che resta un fattore trainante, emerge con forza l’esplosione dell’intelligenza artificiale e la costruzione di data center, destinati a diventare un volano strutturale per il consumo di rame e alluminio. Entro il 2050, il fabbisogno energetico delle server farm potrebbe crescere di oltre 12 volte fino ad assorbire quasi un quinto della domanda elettrica mondiale, con inevitabili ricadute sulla richiesta di materiali per cavi, trasformatori e linee di trasmissione.

L’incidente avvenuto a settembre nella maxi-miniera di Grasberg, in Indonesia, che pesa per circa il 3% della produzione mondiale, ha reso ancora più evidente la fragilità della catena di approvvigionamento e ha alimentato timori di deficit strutturali. Per il rame, barometro dell’economia globale, lo spread anomalo registrato tra il Comex di New York e il London Metal Exchange si è ridimensionato dopo l’esclusione dai dazi più pesanti da parte dell’amministrazione Trump, ma la volatilità rimane elevata e destinata a perdurare.

L’alluminio beneficia di prelievi di scorte e tagli produttivi legati agli alti costi energetici, mentre lo zinco resta sostenuto dalla siderurgia e dalle costruzioni, pur con una maggiore esposizione al ciclo economico. Più complessa la situazione del nickel, che soffre di un eccesso strutturale di offerta da parte dell’Indonesia, con piani di espansione fino a 2 milioni di tonnellate entro il 2026. Tuttavia, eventuali restrizioni all’export potrebbero innescare rialzi speculativi improvvisi.

Le prospettive restano dunque caratterizzate da un equilibrio precario. Nel breve periodo, tra la fine del 2025 e il primo trimestre 2026, le quotazioni potrebbero risentire delle distorsioni commerciali e dell’accumulo di scorte negli Stati Uniti, con un possibile minimo tecnico dopo il Capodanno lunare cinese. Ma il trend di fondo rimane improntato al rialzo, perché dieci anni di sottoinvestimenti nel settore minerario e nel riciclo hanno lasciato un’offerta insufficiente a soddisfare una domanda in continua crescita.

Per le imprese manifatturiere, in particolare le pmi italiane impegnate nei comparti elettrico, elettronico, automotive e costruzioni, la gestione del rischio prezzo sarà la vera sfida dei prossimi 18 mesi, con strategie di copertura da calibrare nei momenti di debolezza stagionale. Per i governi, invece, il tema centrale sarà la sicurezza degli approvvigionamenti, incentivare il riciclo, sviluppare filiere nazionali e stringere partnership stabili con i grandi produttori globali diventa indispensabile per affrontare una fase che si preannuncia come una nuova “era dei metalli”.
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