Economia

Il Made in Italy del “Bello e Ben Fatto”

di Redazione
 
Il Made in Italy del “Bello e Ben Fatto”
Il Centro Studi di Confindustria, nel Rapporto Esportare la dolce vita 2025, fotografa un’economia mondiale in cui l’“incertezza” ha ceduto il passo a una più radicale “imprevedibilità”. Il rapporto, presentato alla Fashion Week di San Paolo in Brasile e realizzato in collaborazione con Sace e con il sostegno di Anfao, Confindustria Accessori Moda, Confindustria Moda, Confindustria Nautica, Federalimentare e FederlegnoArredo, descrive la transizione da un ordine multilaterale a guida Usa verso un equilibrio bipolare ridefinito dall’asse russo-cinese, mentre l’Unione europea appare più fragile e divisa, costretta a gestire l’effetto combinato di guerre, nuovi dazi e rincari energetici e logistici. Le catene globali del valore, già riscritte dopo la pandemia, continuano a muoversi; al centro restano capacità di adattamento, innovazione e sostenibilità come fattori decisivi di competitività per paesi e imprese.

Nel quadro tracciato dal Rapporto, l’Europa e l’Italia pagano più di altri gli effetti indiretti dei conflitti e delle frizioni commerciali. La crescita tedesca nel 2025 ristagna, quella italiana rallenta, e la domanda intra-Ue rischia di indebolirsi. Eppure, l’analisi del Centro Studi individua un vantaggio chiave del nostro Paese: il “Bello e Ben Fatto” (BBF), un insieme trasversale di 746 categorie di prodotti ad alto contenuto di design, qualità manifatturiera e valore simbolico. Il BBF è il motore reputazionale del Made in Italy e, secondo il Rapporto, vale oltre 170 miliardi di euro di export: 136,4 miliardi verso i mercati avanzati e 33,8 miliardi verso quelli emergenti. Nell’ultimo decennio la crescita media annua del BBF (+7%) ha superato quella complessiva del Made in Italy (+4,7%), attestando un vantaggio comparato tra i più elevati a livello internazionale.

La ricerca stima inoltre un margine potenziale di export aggiuntivo pari a 27,6 miliardi di euro, di cui 19,4 miliardi nei paesi avanzati e 8,2 miliardi negli emergenti. Gli Stati Uniti restano la destinazione extra-Ue più promettente in termini di potenziale, pur con l’ostacolo delle nuove barriere tariffarie; in Europa emergono Germania e Francia, mentre il Regno Unito conserva un ruolo di primo piano. Tra i mercati emergenti guidano Cina, Emirati Arabi Uniti e Turchia, con la Russia di fatto esclusa dal perimetro per ragioni geopolitiche. I competitor principali per il BBF italiano restano Francia, Germania e Cina.

Un capitolo specifico del Rapporto è dedicato all’America Latina e Caraibi, area con elevata apertura all’import e forte affinità culturale con l’Italia. Qui l’export BBF cresce più della media globale e potrebbe ricevere un impulso dal perfezionamento dell’accordo Ue-Mercosur, approvato dalla Commissione europea nel 2025, che amplia il mercato effettivo, tutela 57 indicazioni geografiche italiane e riduce barriere tariffarie e non tariffarie.

Il Centro Studi avverte però che il potenziale si coglie solo gestendo con lucidità il rischio paese e “mappando” le geografie interne dei grandi mercati, stati, province, città, dove reddito e propensione all’acquisto si concentrano. La domanda globale potenziale del BBF interessa oltre 1,2 miliardi di persone benestanti, con una “classe media aspirazionale” (30-60 mila dollari di reddito annuo) particolarmente recettiva per moda, gusto, design e arredo.

Come trasformare il potenziale in risultati? Il Rapporto indica tre direttrici. Primo: scala produttiva e diversificazione di gamma, sostenute da investimenti in automazione e robotica potenziata dall’intelligenza artificiale per compensare il differenziale di costo del lavoro e migliorare qualità, tempi e tracciabilità. Secondo: presidio dei canali digitali, dalla promozione alla vendita, con reti e consorzi che aiutino Pmi e distretti a stare sui marketplace globali, curando logistica e post-vendita. Terzo: tutela del brand Made in Italy, contrastando contraffazione e “Italian sounding” attraverso protezione delle indicazioni geografiche, controlli più efficaci e campagne di educazione del consumatore.

Sul lato policy, il Centro Studi di Confindustria richiama la necessità di un contesto regolatorio certo, semplificazione amministrativa, infrastrutture fisiche e digitali, e un’agenda commerciale attiva: dagli accordi di libero scambio (a partire dal Mercosur) al rilancio dei rapporti Ue-Usa e del multilateralismo in sede Omc. La sostenibilità, infine, è indicata come condizione d’accesso ai mercati più dinamici. I consumatori premiano coerenza e trasparenza lungo la filiera, e la massimizzazione del valore di lungo periodo passa dalla gestione responsabile delle risorse ambientali, finanziarie e umane.

Nel mondo dell’“imprevedibilità” descritto da Esportare la dolce vita 2025, il Made in Italy può continuare a crescere se rafforza i suoi tratti identitari, qualità, design, cultura e li integra con tecnologia, scala e governance. È la combinazione di questi fattori a trasformare la reputazione in posizionamento competitivo e il potenziale stimato in export reale.
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