Attualità

I comunicatori meritano una rappresentanza unica e qualificata, per essere più forti

di Demetrio Rodinò
 
I comunicatori meritano una rappresentanza unica e qualificata, per essere più forti

La comunicazione, questa sconosciuta, verrebbe da dire. 

Perché, al contrario di quello che qualcuno può pensare, quella di comunicare (che è cosa ben diversa da raccontare) non è una soluzione di ripiego per chi magari non è riuscito ad eccellere in altri campi, ma una vera e propria specializzazione, alla quale si accede solo dopo anni di studio. 

Una cosa che non si traduce solo nelle schiene chinate sui libri, ma nell'analisi delle problematiche più svariate e complesse, per essere pronti a rappresentare le istanze e le proposte di qualcuno, sia esso soggetto istituzionale, che imprenditoriale o industriale. 

Ma la categoria dei comunicatori non può più essere autoreferenziale, perché ha bisogno di potersi e sapersi rappresentare nel dialogo - diretto - non solo con i propri committenti, ma più in generale con il mondo del lavoro.

Ecco perché, come Euroborsa, gruppo editoriale da sempre attento alle dinamiche della comunicazione, crediamo sia giunto il momento di formulare una proposta sulla quale speriamo di raccogliere consensi trasversali, chiedendo che il Ministero del Lavoro si faccia promotore, e quindi garante, di un percorso che porti chi opera in questo settore a convenire sulla utilità di una rappresentanza unica, forti della consapevolezza che più soggetti non traggono forza dalla frammentazione di numeri importanti, ma solo dalla capacità di raccogliere le istanze e, quindi, farsene portavoce nelle sedi competenti. 

Questa proposta non poggia su una nostra idea, ma è anche il frutto della consapevolezza che la stragrande maggioranza dei comunicatori vuole questo. In occasione di un recente evento (il Forum Comunicazione), Euroborsa, da media partner, ha intervistato una trentina di professionisti del settore che, nella quasi totalità, hanno convenuto che è giunto il momento di essere rappresentati da un unico organismo.
 
Non sarebbe una rivoluzione, ma un principio di buonsenso: è ormai non più rinviabile la creazione di una rappresentanza che tragga efficacia dal suo essere realmente titolata a farsi portavoce delle istanze della categoria, che oggi soffre della polverizzazione causata dal moltiplicarsi di sigle, che svolgono al meglio il loro compito, ma che però viene marginalizzato dai numeri di coloro che in esse si riconoscono. 

Questo soggetto unico, peraltro, potrebbe affrontare, come primo e significativo impegno, uno dei nodi di questa professione: l'accesso

Diciamo questo perché è palese che solo un organismo di rappresentanza, abilitato da un atto legislativo specifico, possa codificare il cammino che consenta di fare parte dei comunicatori, riconoscendo quelli che già operano nel settore, ma reclamando lo stesso livello di professionalità a chi chiede di farne parte.

Non si tratterebbe, quindi, di una sigla che si sostituisce alle altre, ma di un organismo autonomo che, magari facendo proprie le esperienze di altri ordini e albi professionali, sappia fare del mandato degli iscritti lo strumento per rappresentare la categoria al meglio. 

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