Economia
Draghi a Oviedo lancia l'ultimatum sul futuro europeo
di Redazione

Una cornice solenne e regale, quella del Teatro Campoamor di Oviedo, ha fatto da sfondo stasera alla celebrazione di Mario Draghi, insignito del prestigioso "Premio Princesa de Asturias" per la Cooperazione Internazionale. L'ex premier italiano ed ex Presidente della Banca Centrale Europea ha ricevuto il massimo riconoscimento civile spagnolo dalle mani dei reali di Spagna, Re Felipe VI, la Regina Letizia e la Principessa delle Asturie Leonor, trasformando però il momento di gloria in un urgente appello per il futuro del continente.
La giuria del Premio - che negli anni ha onorato figure come Bob Dylan, Haruki Murakami ed Ennio Morricone - ha voluto celebrare Draghi come "figura chiave nella difesa dell'integrazione europea e della cooperazione internazionale". La motivazione sottolinea la sua "leadership e il fermo impegno nei confronti dei valori fondamentali e del progresso dell'Unione Europea", elogiando il suo ruolo nel promuovere il multilateralismo e il rafforzamento istituzionale ed economico dell'Unione, anche sulla scena globale.
Draghi è stato riconosciuto come "simbolo di un'Europa unita, libera, forte e solidale", che ha difeso con "indipendenza e visione a lungo termine" la crescita e la competitività, concentrandosi sulle tre trasformazioni essenziali: innovazione, decarbonizzazione e sicurezza economica.
Nonostante la celebrazione, il discorso di accettazione del Premio si è trasformato in un lucido e drammatico grido d'allarme. Mario Draghi ha aperto il suo intervento con una constatazione inquietante: "Oggi la prospettiva per l’Europa è tra le più difficili che io ricordi. Quasi ogni principio su cui si fonda l’Unione è sotto attacco”.
L'ex Presidente ha tracciato un quadro in cui i fondamenti dell'Europa - apertura, multilateralismo, diplomazia e leadership climatica – sono stati erosi da protezionismo, azioni unilaterali e il "ritorno della potenza militare" come strumento di affermazione degli interessi nazionali.
"Il mondo intorno a noi è cambiato radicalmente e l’Europa fatica a rispondere", ha proseguito Draghi, evidenziando la paralisi di fronte a sfide complesse come difesa, sicurezza energetica e tecnologie di frontiera. Sebbene le crisi passate abbiano portato a una parziale evoluzione istituzionale (come la BCE e l'unione bancaria), l'attuale struttura di governance non è più adeguata.
Secondo Draghi, l'Europa è oggi una "confederazione europea che semplicemente non riesce a far fronte a tali esigenze", priva di quella "legittimità democratica" necessaria per un vero trasferimento di poteri. Il vincolo più profondo non è giuridico, ma risiede nell'assenza di un "mandato condiviso approvato dai cittadini".
È qui che l'ex banchiere ha proposto l'unica via d'uscita: un "federalismo pragmatico".
Non si tratta di inseguire un sogno di piena federazione, politicamente impossibile a breve termine, ma di agire per necessità. Questo modello è basato su "coalizioni di volenterosi" focalizzate su interessi strategici specifici. È un federalismo "flessibile e capace di agire al di fuori dei meccanismi più lenti del processo decisionale dell’Ue", permettendo a chi ha maggiore ambizione di muoversi con la "velocità, la scala e l'intensità delle altre potenze globali".
Il progetto permetterebbe a nazioni con settori forti -nella difesa, nella tecnologia, nell'energia - di unire ricerca, sviluppo e investimenti (ad esempio nei semiconduttori o nelle infrastrutture di rete) senza attendere l'assenso di tutti.
Draghi ha legato il suo federalismo pragmatico a un cruciale rinnovamento democratico. Richiedendo il sostegno dei cittadini per obiettivi specifici, esso diventerebbe una "costruzione dal basso" che infonderebbe nuova fiducia, creando "Un’Europa in cui i giovani vedono il loro futuro. Un’Europa che rifiuta di essere calpestata. Un’Europa che agisce non per paura del declino, ma per orgoglio di ciò che può ancora realizzare". Con questo messaggio di speranza e determinazione, Mario Draghi ha concluso la sua intensa giornata spagnola, trasformando la celebrazione di una carriera in una chiamata all'azione per il continente.