Economia

Consob, Mps e il caso Mediobanca, nuovi atti, vecchie domande e un mercato che scommette sulla continuità

di Redazione
 
Consob, Mps e il caso Mediobanca, nuovi atti, vecchie domande e un mercato che scommette sulla continuità
Non si arresta la sequenza di colpi di scena che accompagna la scalata di Mps a Mediobanca, una vicenda destinata a ridisegnare equilibri e rapporti di forza nella finanza italiana. Un documento della divisione Vigilanza Emittenti della Consob, datato 15 settembre 2025 e ora tornato d’attualità, ha infatti evidenziato che “non sussiste il patto occulto” tra i soci Delfin e Caltagirone e che “non sussiste il concerto” con Siena. Un punto fermo solo apparente, perché l’esame dell’authority prosegue e sulla scrivania dei magistrati e della stessa Consob sono confluiti nelle ultime settimane anche gli elementi raccolti dalla Procura di Milano.

Proprio l’ipotesi di “accordi non dichiarati e nascosti al mercato” costituisce il fulcro dell’indagine milanese, che il 27 novembre ha portato a perquisizioni e sequestri nei confronti di Francesco Gaetano Caltagirone, del presidente di Delfin Luxottica Francesco Milleri e, come concorrente esterno, dell’amministratore delegato di Monte dei Paschi, Luigi Lovaglio. Gli elementi contenuti nel documento Consob, già noti alla Procura, ricostruiscono una situazione delineata durante audizioni e verifiche avviate dopo una serie di esposti di Mediobanca per tentare di bloccare la scalata senese.

La collaborazione tra magistratura e authority, come ha confermato in Parlamento il presidente Paolo Savona, procede ora alla luce di nuove carte e intercettazioni acquisite dagli inquirenti. Materiale investigativo che Consob non avrebbe potuto ottenere autonomamente, a causa dei limiti legislativi che governano i suoi poteri.

Nelle sue conclusioni, il documento del 15 settembre dice che non sono emersi “indizi gravi, precisi e concordanti” per accertare un’azione di concerto tra Delfin, Caltagirone, il Mef e Mps, né un obbligo di Opa su Siena o su Mediobanca. L’autorità precisa inoltre che non sono stati rilevati “accordi verbali o scritti, espressi o taciti tali da configurare la relazione consensuale richiesta per definire un’azione di concerto.

A rafforzare la posizione della Consob vi è anche un dato temporale, il piano di integrazione con Mediobanca precede di oltre due anni l’ingresso dei grandi soci privati nel capitale di Mps. Il primo documento in tal senso risale al 16 dicembre 2022, quando Lovaglio presentò al Mef tre possibili scenari per l’uscita ordinata del Tesoro da Siena: la permanenza stand alone, un’integrazione con banche commerciali simili (ipotesi Banco Bpm o Bper) e infine la trasformazione tramite operazione con Mediobanca. L’evoluzione del risiko bancario italiano, accompagnata dal raffreddamento dell’opzione Banco Bpm dopo l’offerta di Unicredit, ha poi spinto Mps ad accelerare sulla terza via, sfociata nell’operazione che oggi ha cambiato la mappa del settore.

Il quadro istituzionale si intreccia con quello di mercato. Il consiglio di amministrazione di Mps, “ad esito di approfondita istruttoria”, ha rinnovato all’unanimità la fiducia al ceo Lovaglio, sottolineando come i gruppi di lavoro con Mediobanca procedano “a pieno regime” per concretizzare rapidamente le sinergie industriali e la creazione di valore.

Questa mattina le azioni Mps registrano un incremento superiore al 4%, mentre Mediobanca sale di circa il 2%. Segnali che indicano come, al di là dei dossier investigativi ancora aperti, il mercato percepisca stabilità e continuità gestionale che resta solida.

In attesa dei prossimi passaggi, la partita resta complessa e aperta. Ma la finanza, almeno oggi, sembra credere più alle strategie che ai sospetti.
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