Economia

Cina, India e Russia consolidano il nuovo multipolarismo economico

di Redazione
 
Cina, India e Russia consolidano il nuovo multipolarismo economico
Secondo il Centro studi di Unimpresa, Cina, India e Russia rappresentano oggi una massa economica da circa 25,5 trilioni di dollari di PIL nominale, fondata su energia a prezzi scontati, pagamenti alternativi e corridoi logistici Est-Est. Un asse che non è soltanto geopolitico, ma soprattutto pragmatico e commerciale, capace di condizionare flussi globali e ridisegnare le catene del valore.

Nel 2024 gli scambi tra Cina e Russia hanno raggiunto i 240 miliardi di dollari, quelli tra India e Russia i 70 miliardi trainati dal greggio, mentre l’interscambio India-Cina si è attestato a 130-140 miliardi con un ampio deficit per Nuova Delhi. Sul fronte energetico, Pechino ha importato oltre 100 milioni di tonnellate di greggio russo (più di 2 milioni di barili al giorno), mentre l’India ha coperto fino al 40% del proprio fabbisogno con barili scontati. È già operativo il gasdotto Power of Siberia 1 (38 bcm/anno), mentre un memorandum sul Power of Siberia 2 apre a ulteriori 50 bcm/anno, con prezzo e tempistiche ancora da definire.

La finanza segue la stessa logica: lo yuan è ormai la valuta dominante in Russia, pur restando marginale a livello globale (circa il 3% dei pagamenti). Una de-dollarizzazione “operativa” che riduce l’impatto delle sanzioni senza scalfire la centralità del dollaro nel sistema internazionale. La logistica rafforza questo assetto, con l’International North-South Transport Corridor in crescita del 20% nel 2024 e il porto di Chabahar destinato a diventare snodo strategico verso l’Oceano Indiano.

Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, sottolinea che si tratta di unmultipolarismo di filiera” che non va demonizzato, ma governato. Per l’Italia significa costruire partnership industriali con l’India, mantenere canali pragmatici con Pechino e dotarsi di strumenti adeguati: energia a prezzi competitivi, regole stabili, infrastrutture moderne, finanza rapida per l’export e maggiore formazione manageriale per presidiare i mercati asiatici.

Gli effetti sull’Occidente sono già tangibili: minore leva contrattuale su greggio e gas, necessità di dual-sourcing, rischio di ritorsioni su componenti e veicoli elettrici, oltre a una compliance più stringente su pagamenti e logistica. L’Europa deve quindi rafforzare le clausole sanzioni, incentivare i contratti multi-valuta e vigilare sulle rotte di re-routing. Nei prossimi mesi tre variabili diranno molto della solidità del nuovo assetto: l’accordo sul Power of Siberia 2, l’effettiva diffusione globale dello yuan e i volumi crescenti dell’INSTC.

Il CRAI (Cina-Russia-India) non è un’unione economica, ma una catena del valore che funziona perché conveniente, energia a basso costo, mercati per manufatti e sistemi di pagamento resilienti. Per Italia ed Europa non ha senso ignorare questa realtà: occorre presidiare i mercati asiatici, investire nei corridoi logistici e rilanciare un’agenda economica di alto livello su innovazione, energia e commercio. Solo così l’Occidente potrà restare protagonista in un mondo che non ha più un unico capotavola.
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