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Banche, ricavi record nel 3° trimestre 2024. I prestiti crescono in Europa, ma non in Italia

 
Per i primi cinque gruppi italiani il terzo trimestre si chiude con ricavi e utili in forte crescita. Ma gli impieghi continuano a calare, a differenza di quanto avviene nel resto d’Europa, mentre aumentano le commissioni. Colombani: “Servono politiche di offerta del credito mirate a stimolare investimenti per la trasformazione dei sistemi produttivi e modelli di consulenza orientati al miglior interesse della clientela”

Ricavi ancora da record nel terzo trimestre del 2024 per i primi cinque gruppi bancari italiani, ma il credito segna un’ulteriore battuta d’arresto. Nonostante i tassi di politica monetaria  in calo e la dinamica degli impieghi in contrazione (- 2,1%), gli interessi netti segnano un deciso aumento (+ 7%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Se si considerano gli impieghi al netto dei pronti contro termine alla clientela, che rappresentano effettivamente i prestiti all’economia reale, alle famiglie e alle imprese, la riduzione è del – 3,8% in un anno (nel dato non rientra Bper, che non fornisce informazioni a tal proposito). È quanto emerge dall’analisi condotta dalla Fondazione Fiba di First Cisl.

La riduzione degli impieghi

Gli impieghi risultano in calo costante da nove trimestri consecutivi per un totale di oltre 94 miliardi (- 7,8%), mentre a livello europeo le banche significant negli stessi trimestri, non considerato l’ultimo chiuso alla fine di settembre, perché non ancora pubblicato da Bce, evidenziano complessivamente un incremento del 3%. Le commissioni nette danno ancora più forza alla crescita dei ricavi con un incremento del 7% e un ammontare pari all’1% (su base annua) del totale dell’attivo. Si conferma, sotto questo aspetto, il trend che vede le banche italiane performare molto meglio della media delle concorrenti europee per quanto riguarda il peso delle commissioni sul totale degli attivi.

Costi stabili e produttività in crescita

A fronte di costi operativi sostanzialmente stabili, la redditività è sostenuta anche dal permanere delle rettifiche su crediti su valori eccezionalmente bassi, con un’incidenza sugli impieghi di 23 punti base. Si arriva così ad un risultato netto complessivo dei 9 mesi di oltre 19 miliardi, in crescita del 22,4% rispetto al 30 settembre 2023, con un Roe del 15,7%.

Si registra inoltre un contenuto aumento del costo del personale (+ 2%), nonostante gli aumenti retributivi derivanti dal rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Incide, a questo riguardo, il calo del numero di occupati (- 2,03%). Continua la chiusura degli sportelli (225 quelli chiusi nel periodo).

In termini di efficienza segnano valori record gli indicatori costo personale/proventi operativi (25%) e cost/income (40,1%), quest’ultimo ben inferiore alla media dei maggiori gruppi europei (53,2%). Balzano in avanti anche gli indici di produttività: il margine primario pro capite sale del 9,8%, con commissioni per dipendente in crescita del 9,8%, e il risultato di gestione pro capite registra un rialzo del + 14,2%.

Crediti deteriorati sotto controllo

Altro punto di forza è la qualità del credito, con un’incidenza minima dei crediti deteriorati netti (1,4%) e con la forte contrazione dei crediti stage 2 (- 21,3%). Resta elevata la patrimonializzazione: il Cet1 ratio è in leggero incremento (dal 14,92% al 15,19%), favorito anche da una diminuzione degli Rwa, le attività ponderate per il rischio, più che proporzionale rispetto al calo degli impieghi dal 31 dicembre 2023.

Sostanzialmente stabile la raccolta diretta (+ 0,6%) mentre è in aumento la raccolta indiretta (+ 8,5%) che beneficia del buon andamento dei mercati finanziari.

Colombani: servono politiche di offerta del credito ad hoc e nuovi modelli di consulenza

“La discesa del credito si sta consolidando come un fenomeno peculiare del sistema bancario italiano. La contrazione degli impieghi da parte dei grandi gruppi non trova infatti riscontro tra le banche significant del resto d’Europa. È un segnale di allarme, vista l’entità della riduzione e la persistenza del trend, che non può essere spiegato solo con l’andamento non brillante del ciclo economico, ossia con la diminuzione della domanda di credito. Infatti, la situazione economica anemica riguarda tutto il continente. Ne discende che la principale motivazione del preoccupante disimpegno delle banche dal credito – sottolinea il segretario generale First Cisl Riccardo Colombani – consiste nell’aumento dell’avversione al rischio da parte delle banche”.

“Eppure – prosegue Colombani – il margine di gestione del denaro è addirittura in aumento e non ci sono all’orizzonte rischi di peggioramento della qualità del credito, che oggi è davvero ottimale: Npl stabili, costo del credito bassissimo, crediti stage 2 in calo significativo. In questo quadro molto positivo, è altresì evidente la strategia delle big volta ad aumentare le commissioni, specie da servizi di investimento. Lo testimoniano l’affermarsi di modelli di banca assicurazione, il potenziamento dell’asset management e la dichiarata volontà di puntare sul wealth management.”

“Le commissioni nette su base annua rappresentano l’1% degli attivi, una misura ben superiore alla media delle banche europee  ed in particolare delle banche francesi, spagnole e soprattutto tedesche.  Ci sono, quindi, le condizioni ideali, da una parte, per attuare condizioni di offerta del credito mirate a stimolare investimenti per la trasformazione dei sistemi produttivi e dall’altra – conclude Colombani – a realizzare modelli di consulenza che siano orientati a perseguire il miglior interesse di tutta la clientela e non condizionati dai margini sui singoli prodotti finanziari collocati”.
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